Sicilia: Aeroporto, autostrada, incendi. Una giornata apocalittica

Le grandi emergenze del trascorso mese di luglio in Sicilia sono state, principalmente, il caos, dopo l’incendio al Terminal A, all’aeroporto Fontanarossa di Catania con migliaia e migliaia di viaggiatori in attesa (foto in alto) e gli incendi nella apocalittica giornata del 25 luglio. In aggiunta le condizioni da terzo mondo delle autostrade. Riportiamo, sul link Sicilia News, l’incredibile esperienza di GRAZIELLA LO VANO, nota scrittrice santagatese, che ha passato di tutto viaggiando in quei giorni per essere stata insignita di un premio letterario in Sardegna…

Stavamo attraversando l’inferno e non lo sapevamo.

Questa l’esperienza vissuta con momenti di terrore: avevo accettato con piacere il premio letterario che mi era stato conferito a San Sperate in Sardegna, e con entusiasmo avevamo prenotato il biglietto aereo per il 22 di luglio.

Però, qualche notte prima ed esattamente tra il 16 e il 17, era scoppiato un incendio all’interno del terminal A dell’aeroporto di Catania che ci aveva messo in preoccupazione. Ma, non avendo ricevuto notizie di cancellazione del volo, avevamo deciso di intraprendere ugualmente il viaggio ormai organizzato sotto ogni aspetto. Eravamo partiti diverse ore prima per raggiungere l’aeroporto; in considerazione dello stato in cui versano le nostre autostrade, diventa difficoltoso e nel contempo pericoloso. Ma il popolo siciliano ha enorme capacità di tolleranza e adattamento e lascia, aspetta paziente che si intraprendano lavori necessari e indifferibili da anni.

A ogni modo, arrivati all’aeroporto Fontanarossa, ci ritroviamo all’istante catapultati nel caos più totale. Mentre il caldo tropicale aumentava di ora in ora, superando i 40 gradi, notiamo una fila interminabile di passeggeri a ridosso del Terminal C, l’unico rimasto agibile dopo l’incendio. E se la gente che sostava in fila non era sotto i raggi diretti del sole, ma sotto dei tendoni provvisori, ciò non significava che lì ci fosse meno caldo. Infatti, a un certo momento, due donne accusano dei malori e vengono condotte al chiuso. Intanto tra la gente vengono distribuite bottigliette d’acqua.

All’interno della struttura la confusione non diminuisce: viaggiatori con valige, zaini, sacche e bambini, si ammassano per sapere se riusciranno a partire o meno o se i voli verranno effettuati da altro aeroporto. In mezzo al trambusto un aeroportuale con megafono obsoleto brandito a mano, gracchia qualcosa. Annuncia il volo in partenza. L’impiegato è costretto a ripetere diverse volte di lasciar passare oltre lo sbarramento i passeggeri che devono effettuare i controlli per l’imbarco.

Eppure il personale che lavora a diverso titolo nell’aeroporto, riesce a mantenere una calma professionale encomiabile.

Non si sa fino a quando…riusciremo a reggere”, mi risponde uno dei lavoratori. In effetti la situazione è particolarmente stressante e non solo per i passeggeri, che chiedono certezze e si assemblano attorno ai display.

Noi ci riteniamo fortunati: il nostro volo non viene trasferito verso altro aeroporto, ma parte con circa 45 minuti di ritardo.

Dunque partiamo. Atterriamo a Cagliari Elmas. La Sardegna ci appare in tutto il suo splendore e i giorni di permanenza trascorrono sereni e veloci nel vedere luoghi nuovi, i murales di San Sperate; il Museo Sonoro di Pinuccio Sciola; si fa conoscenza con gente cordiale; e infine la premiazione, anche se nel caldo torrido che attanaglia tutto il meridione.

Purtroppo il giorno prima del rientro in Sicilia, la compagnia aerea ci comunica con un messaggio su whatsapp che il nostro volo di ritorno per Catania, è stato trasferito a Trapani Birgi.

Prevedendo, quindi, probabili disagi, ci alziamo alle prime luci dell’alba per raggiungere l’aeroporto di Cagliari, e infatti lì abbiamo la sorpresa di sapere che l’aereo partirà con due ore di ritardo. Ci disponiamo quindi, a una paziente attesa. Atterriamo alle 10,30 circa e poi con un pullman veniamo trasferiti verso l’aeroporto di Catania, dove saremmo dovuti atterrare. Lungo il percorso le colline sono ricoperte di filari di vigneti. Qui si producono il Grillo, Nero d’Avola, Catarratto, Inzolia, Zibibbo, altrettanto famoso e apprezzato quello liquoroso del Marsala. Ci trasmettono una sensazione di produttività e benessere. È la Sicilia del buon vino. Mentre a sinistra intravediamo le barche ormeggiate in insenature e spiaggette rigogliose, intorno al golfo di Castellamare. Una natura tanto suggestiva quanto delicata da salvaguardare. La Sicilia. La sua storia millenaria. Il giardino del Mediterraneo. Il pullman continua il suo percorso e noi ignari, non ci rendiamo conto verso cosa stiamo andando incontro.

Da qui in poi, intraprenderemo un altro viaggio che definire della speranza è un eufemismo fuori luogo.

Possiamo definirlo invece…Viaggio nel girone infernale.

Infatti, dopo aver superato l’aeroporto “Falcone e Borsellino” di Palermo, il costone della montagna inizia a mostrare fuochi e fumo sempre più intensi. Brucia il bosco di Altofonte; le colline attorno a Capaci. Palermo ci appare sotto una cappa plumbea, con foschia nera e densa che si alza pericolosa. Ville, capannoni, concessionarie d’auto, la discarica di Bellolampo (che sprigionerà ingenti quantità di benzene e diossina nell’aria come accertato dall’Arpa pochi giorni fa) sono divorate dalle fiamme. Si interrompe la corrente elettrica e l’erogazione dell’acqua. Dal Monte Grifone inizia a svilupparsi un incendio che lambirà il cimitero monumentale fino ad avvolgere il Convento e la chiesa di Santa Maria di Gesù risalente al XV secolo. Lì dove riposano le spoglie del Santo – co-patrono assieme a Santa Rosalia – della città di Palermo, San Benedetto, nativo di San Fratello, detto il Moro, morto nel 1589. Tutto viene distrutto dalle fiamme: il tetto in legno, i banchi, le pareti annerite, quadri distrutti, così come la statua dell’altare. “I frati del convento, adesso, si trovano in condizioni disagiate”.

Trasportati dal vento di scirocco cinerine pagliuzze leggere, volando nell’aria, si posano sul vetro dell’autobus, come lieve e inquietante neve. A causa dei roghi, ci saranno tra le vittima anche una coppia di coniugi dopo i 70 anni e un anziano. Le associazioni di volontariato e religiose effettuano collette anche per famiglie rimaste senza casa e bisognose. Il caldo, l’aria fosca, la cappa bigia, ci danno l’impressione di una catastrofe incombente che da un momento all’altro ci farà precipitare in un burrone oscuro e profondo. L’autista – in perenne contatto telefonico – viene a conoscenza degli incendi sull’autostrada, per cui è costretto a deviare e attraversare parte della città. Lì il traffico intenso ci fa avanzare lentamente fino a quando si inizia a percorrere la Strada Statale 113 fino a Termini Imerese e quindi poi entrare al casello di Buonfornello. A quel punto intraprendiamo l’autostrada A 19 Palermo-Catania. Al primo autogrill l’autista effettua una sosta, ma non sarà l’unica. Durante il viaggio la temperatura all’interno dell’abitacolo inizia a salire, a salire sempre di più. Il compressore dell’aria condizionata non regge e si blocca. Mi chiedo – con un macabro senso umoristico – “se non dovesse aprirsi la portiera, potremmo finire arrosto”. L’autista dovrà effettuare diverse fermate per riportare il sistema del condizionatore ai livelli di riattivazione. Tra uno zig zag di corsie ristrette e interrotte dell’altrettanto malandata autostrada. Attraversiamo le colline dalle quali anche lì si alza il fumo degli incendi e qualcuno di essi lambisce i bordi della carreggiata. Molte volte i passeggeri azionano la telecamera dei telefonini per “documentare” ciò che sta avvenendo. Qualcuno commenta, e così – tra compagni di disavventura – si crea una sorta di comunanza e sostegno reciproco. Ci si racconta fatti personali. Andrea era partito per fare una sorpresa agli anziani genitori per il fatidico compleanno della nipote diciottenne (invece la sorpresa l’ha avuta lui). Maurizio è in viaggio per affari. La ragazzina seduta nel sedile dietro – che telefona spesso alla mamma per tranquillizzarla – non è mai stata in Sicilia; desidera visitare Taormina per qualche giorno di vacanza (non sa che la troverà senza un goccio d’acqua). Accanto una giovane donna, che è medico in un ospedale del nord, sta rientrando a Scicli: “non vedo l’ora d’arrivare”, ci confessa; ma quando?

Alle 17,00, dopo più di cinque ore di viaggio in pullman – che solitamente in condizioni normali si percorre grosso modo in meno di 2 ore – finalmente arriviamo. Tiriamo un sospiro di sollievo illudendoci che il peggio è ormai passato. Intanto all’aeroporto di Catania ritroviamo lo stesso caos che avevamo lasciato partendo, col caldo afoso che ci investe, la massa di viaggiatori e auto, pulmini e corriere che si muovono contemporaneamente creando blocchi.

In ogni caso, riprendiamo la nostra auto credendo che in qualche ora riusciremo ad arrivare a casa, ma dall’app sulla navigazione del cellulare arrivano notizie inquietanti: “a seguito di incendi, l’autostrada Catania/Messina, viene chiusa. La stessa cosa avviene sulla Messina/Palermo dove bruceranno i distributori di benzina, i costoni che portano al Santuario del Tindari, mentre la gente di Oliveri viene invitata a lasciare le abitazioni e a radunarsi nel campo sportivo. Continuo a telefonare ripetutamente ai numeri di informazione autostradale, ma non ricevo risposta. Intanto percorriamo i paesi etnei, seguendo i cartelli stradali (quando ci sono), mentre attraversiamo zone in cui notiamo carcasse di auto, case avvolte dalle fiamme, secolari alberi di ulivo che continuano a bruciare. Un’agonia della natura che stringe il cuore. Succede che dobbiamo anche ritornare indietro. Ci fermiamo per chiedere informazioni. È situazione d’allerta per le forze armate e civili della protezione civile, polizia, carabinieri; i vigili del fuoco che, però, non riescono a soddisfare tutte le chiamate. Fanno quello che possono. Un giovane vigile del fuoco ci dice che erano saliti in un palazzo dove le bombole del gas rischiavano di esplodere. Hanno fatto quello che potevano, ma per lo stress a un tratto non hanno retto, finendo al pronto soccorso. Finalmente a Giarre rientriamo in autostrada e proseguiamo il nostro viaggio, mentre è già buio, continuiamo a intravedere fiamme verso il Castello di Oliveri, ancora lambito dagli incendi. Infine, intorno alle 23,30, riusciamo ad arrivare a casa. Testimoni di una giornata apocalittica che non scorderemo. In Sicilia si registreranno oltre 338 roghi, compreso quello del Parco Archeologico di Segesta.

L’incuria e le speculazioni umane, i criminali piromani, l’abbandono dei campi, le temperature che hanno sfiorato i 50 gradi o le variazioni climatiche, quali tra questi sono i responsabili che hanno contribuito al disastro al quale abbiamo assistito?

Delitti che il legislatore dovrebbe punire con pene severissime e certe, qualora se ne accertasse il dolo.

Rimane rabbia per ciò che poteva e potrebbe essere evitato. Rimane lo sconforto nel vedere la nostra terra dilaniata dagli incendi che hanno raso al suolo piantagioni di fico d‘india, vigneti, alberi da frutto e secolari ulivi. Fauna e flora distrutti. Famiglie che hanno perso tutto ciò che avevano costruito in anni di sacrifici.

Graziella Lo Vano

graziellalovano@virgilio.it

Edited by, lunedì 7 agosto 2023, ore 10,39. 

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