Per un problema tecnico slitta da venerdì all’odierno sabato mattina la puntata di questa settimana della nostra rubrica “Salute&Benessere” curata dalla dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova ed esperta di medicina in generale. Il tema di questa settimana è: quanto può ben influire, a livello cardiologico, un bicchierino al giorno, per esempio di vino?…
Bere qualche bicchiere di vino o qualche birra non è generalmente percepito come un pericolo, mentre esagerare con le bevande alcoliche è un’abitudine notoriamente dannosa per la salute. Questa percezione è piuttosto comune, ma dobbiamo ricordare che già nel 1988 l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’alcol come agente cancerogeno.
E studi sempre più recenti avvalorano questa tesi, mostrando una chiara associazione tra alcol e numerose forme tumorali.
Eppure, stando ai risultati di alcune ricerche scientifiche, qualcuno potrebbe persino pensare di trarre da un consumo moderato di alcolici un vantaggio per la propria salute, in particolare per il cuore. Tuttavia, i risultati di uno studio inglese pubblicati sulla rivista Clinical Nutrition mettono in luce come questa conclusione sia errata, per importanti inesattezze nel metodo di analisi.
Innumerevoli sono gli studi scientifici in cui è stato valutato l’effetto dell’alcol sul cuore e sui vasi sanguigni, analizzando il rischio di ictus, infarto o morte in relazione al numero di bevande alcoliche consumate giornalmente. I grafici che spesso sono stati ottenuti avevano una curva che pareva indicare che chi non beve avrebbe un certo livello di rischio, più alto rispetto a chi consuma quantità modeste di alcol. Via via però che la quantità di alcol assunta ogni giorno aumenta, il rischio diventerebbe poi sempre più elevato. Ma questi risultati hanno davvero convinto i ricercatori?
Gli studiosi dell’Anglia Ruskin University e dell’University College di Londra sono andati a questo proposito a esaminare il database dell’UK Biobank Study. Si tratta di una raccolta di dati epidemiologici, iniziata nel 2006-2010, a cui partecipano su base volontaria mezzo milione di cittadini britannici. Le informazioni mediche e i campioni clinici di queste persone sono stati messi a disposizione (in forma anonima) dei ricercatori che ne hanno fatto domanda, allo scopo di studiare come prevenire, diagnosticare e curare gravi malattie, tra cui il cancro e le malattie cardiovascolari. Nella parte di analisi focalizzata su alcol e rischio cardiovascolare, i ricercatori hanno preso in esame circa 350.000 partecipanti. Di questi, 333.000 avevano dichiarato di consumare alcol, in quantità e frequenza varie, mentre quasi 22.000 avevano invece detto di non avere mai assunto bevande alcoliche nemmeno saltuariamente. Ai partecipanti era stato chiesto quanto alcol consumavano settimanalmente, e di che tipo. In base alle risposte le persone che avevano dichiarato di assumere meno di 14 unità alcoliche alla settimana sono state inserite nella categoria di consumo moderato, mentre quelle che ne assumevano più di 14 unità nella categoria di consumo elevato.
Le linee guida raccomandano di non superare due unità alcoliche giornaliere per gli uomini e una unità alcolica per le donne.
Una volta distinti i partecipanti, i ricercatori sono andati a vedere quanti ricoveri dovuti a eventi cardiovascolari c’erano stati nei due gruppi durante il periodo di osservazione di circa sette anni. “Rispetto ai bevitori, confermiamo che chi non ha mai fatto uso di bevande alcoliche sembra avere un rischio cardiovascolare più alto” scrivono gli autori della ricerca. I non bevitori inclusi nello studio risultavano però essere meno attivi fisicamente, con indice di massa corporea e pressione sanguigna più elevati. Potrebbe venir quindi da pensare che molti non consumassero bevande alcoliche per problemi di salute già esistenti.
Una seconda distorsione sarebbe stata introdotta considerando il consumo di unità alcoliche (un’unità alcolica corrisponde a 12 grammi di etanolo) in generale, senza distinguere da dove derivavano. Chi beveva liquori o birra, anche in quantità moderata, aveva infatti un rischio più alto di un evento avverso che coinvolgeva cuore e vasi. Questo rischio appariva invece più basso per chi beveva vino, ma solo se si consideravano tutti i tipi di eventi insieme. Se invece si andava a escludere la cardiopatia ischemica l’effetto protettivo scompariva. La cardiopatia ischemica è una condizione in cui al muscolo cardiaco non arrivano sangue e ossigeno sufficienti, spesso per problemi di arteriosclerosi alle coronarie. Effettivamente ci sono dati che suggeriscono che alcune molecole contenute nel vino siano benefiche per le coronarie, un elemento comunque non sufficiente per iniziare a bere.
Considerando le distorsioni nell’analisi del rischio cardiovascolare generale, l’alcol non ha dunque nessun effetto protettivo sulla salute e anzi è associato a un aumento del rischio cardiovascolare anche quando si consumano 14 unità alcoliche o meno alla settimana.
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Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, sabato 2 aprile 2022, ore 9,34.