Nella puntata n. 170 della rubrica di grande successo e interesse “Salute&Benessere” la dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova ed esperta di medicina in generale, focalizza l’attenzione in questa settimana sull’aceto, molto usato in cucina e che, sino ai primi del XX Secolo, era anche utilizzato nel campo della medicina. Aceto, un alimento funzionale e con possibili benefici. Ecco perché…
Sono quasi diecimila anni che l’uomo impiega e apprezza in cucina l’aceto, che, fino ai primi del secolo scorso, aveva anche utilizzi in medicina. Oggi è un condimento e un ingrediente di salse t, oltre che garante di salubrità delle conserve alimentari, così candidandosi anche al ruolo di alimento funzionale. La letteratura nutrizionale disponibile, pur con alcuni aspetti che saranno meglio chiariti, suggerisce di cogliere le opportunità di benessere offerte da questo prodotto millenario, come componente di un’alimentazione basata su equilibrio e varietà.
Oggi l’aceto dev’essere ottenuto esclusivamente, secondo quanto prescritto dal Codex Alimentarius (che, come precisa il MIPAAF, è “l’insieme di linee guida e codici di buone pratiche, standardizzate a livello internazionale, che contribuisce al miglioramento della sicurezza, qualità e correttezza del commercio mondiale di alimenti”) da prodotti “che contengono amidi e/o zuccheri, (che) mediante un processo di doppia fermentazione sequenziale, alcolica e acetica, (vengono trasformati) con formazione prima di etanolo e poi di acido acetico”.
Le materie prime di partenza sono molteplici. In Italia, e in generale nel bacino mediterraneo, l’aceto più consumato è quello di vino; nell’Europa del Nord le materie prime più utilizzate sono le mele. Negli ultimi anni, stanno emergendo anche aceti di altri frutti.
Anche i più recenti studi sembrano porre in evidenza che il consumo regolare di aceto, seppure con un apporto quotidiano limitato in quantità, contribuisca al complesso degli effetti positivi che una dieta sana e diversificata esercita sul metabolismo glucidico e lipidico. Le osservazioni iniziali raccolte in soggetti sani mostrano che l’assunzione di aceto (2 cucchiai da tavola) subito prima di un pasto ad alto carico glicemico (per esempio pasta o patate) riduce le risposte glicemica e insulinemica postprandiali. È ben noto del resto che condire con vinaigrette (aceto, olio, sale) le patate bollite e lasciate raffreddare, ne riduce l’indice glicemico. Questo effetto non si manifesta se il pasto, pur ad alto indice glicemico, è a base di uno zucchero semplice (come il glucosio), oppure è ricco di fibre; anche la contemporanea ingestione di bicarbonato (antiacido) neutralizza l’effetto dell’aceto sulla risposta glicemica. Osservazioni altrettanto interessanti emergono dagli studi condotti in soggetti che, nonostante una dimostrata insulino resistenza, mantengono intatta la secrezione pancreatica: l’assunzione di aceto prima di un pasto ad alto contenuto di carboidrati migliora infatti la sensibilità all’insulina.
Da una ricerca condotta su soggetti normopeso con iperlipidemia, emerge come l’assunzione di 30 mL di aceto di mele due volte al giorno per 8 settimane sembra ridurre la colesterolemia totale e LDL e la trigliceridemia. Ulteriori osservazioni hanno posto in risalto che l’assunzione di aceto, oltre a rallentare lo svuotamento gastrico, appare aumentare il senso di sazietà e il consumo di energia. Il consumo quotidiano di aceto di mele prima del pasto sembra aver indotto, durante la giornata, una riduzione dell’apporto calorico tra le 200 e le 275 calorie in soggetti sovrappeso o obesi.
Nel caso dell’assunzione, anche diluita, di aceto non accompagnato da altri alimenti possono manifestarsi nel tempo (dopo circa sei settimane) alcuni effetti indesiderati, se pure di entità modesta, a carico di stomaco (eruttazione, reflusso, bruciore) e intestino (flatulenza). Il solo aceto puro può risultare invece molto irritante per il distretto orofaringeo e l’esofago: questo tipo di consumo non è quindi opportuno.
In conclusione, l’attenzione della ricerca nutrizionale ai possibili effetti di salute dell’aceto appare giustificata, alla luce delle osservazioni scientifiche raccolte sinora. Sono però necessari ancora approfondimenti e dimostrazioni, che possono scaturire soltanto da ricerche più ampie, controllate e randomizzate.
In via generale, vorrei ribadire che occorre un atteggiamento sempre più responsabile sul problema delle interazioni tra alimenti e farmaci. Affinché l’obiettivo sia trarne i maggiori benefici e limitarne al massimo i rischi e le interazioni farmacologiche, è competenza esclusiva di un professionista medico stabilire se, come e quando sfruttare le proprietà di un singolo alimento o condimento, come l’aceto.
E’ importante ricordare che, in caso di patologie accertate, i consigli alimentari indicati in questa rubrica devono essere messi in atto dopo aver consultato un medico di fiducia o un biologo nutrizionista, l’unico in grado di dare indicazioni precise anche dal punto di vista dell’apporto calorico, che cambia a seconda del sesso, dell’età e di altri fattori individuali. Ricordiamoci sempre che l’attenzione per la Salute, il bene più prezioso che abbiamo, inizia a tavola!
Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, venerdì 2 ottobre 2020, ore 18,42.