Come anticipato la scorsa settimana la dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova ed esperta di medicina in generale, nella settimanale rubrica di grande seguito “Salute&Benessere”, esamina una delle pochissime intolleranze che hanno una base scientifica e principalmente un test affidabile e certificato: l’intolleranza al lattosio, una condizione che interessa il 50% circa degli italiani…
Come anticipato la scorsa settimana, oggi esamineremo insieme una delle pochissime intolleranze che hanno una base scientifica e principalmente un test affidabile e certificato. Oggi parleremo dell’intolleranza al lattosio, una condizione che interessa il 50% circa degli italiani. È l’incapacità dell’organismo di digerire completamente lo zucchero presente nel latte e nei suoi derivati. È causata da una presenza insufficiente dell’enzima lattasi. Può essere di origine genetica (e, quindi, comparire già dall’infanzia) o manifestarsi in età adulta. Non è un disturbo pericoloso, ma è fastidioso, presentandosi con dolori addominali, gonfiore, meteorismo, diarrea e stitichezza.
Che cos’è il lattosio? È lo zucchero contenuto nel latte e nei suoi derivati, composto da due zuccheri più semplici: galattosio e glucosio. A livello dell’intestino, per essere correttamente digerito, il lattosio viene diviso nelle sue due componenti primarie dall’enzima lattasi. Se l’enzima lattasi è carente o insufficiente, il lattosio non può essere separato e, dunque, l’organismo non può digerirlo. Ci sono quindi più livelli di intolleranza al lattosio, che dipendono dalla gravità dell’insufficienza dell’enzima lattasi. Le forme riconosciute nelle quali si differenzia l’intolleranza al lattosio sono tre: intolleranza al lattosio genetica primaria, intolleranza al lattosio transitoria e intolleranza al lattosio congenita.
L’intolleranza al lattosio può essere una normale conseguenza della crescita, poiché durante l’infanzia i livelli di lattasi diminuiscono naturalmente. In questo caso si parla di intolleranza primaria al lattosio ed è una condizione determinata dal DNA dell’individuo: a causa di una mutazione, nel codice genetico del paziente è poco presente la parte che consente di produrre grandi quantità di enzima lattasi. In questo caso non esiste una cura per l’intolleranza al lattosio, che permane per tutta la vita.
L’intolleranza transitoria è causata dalla riduzione della lattasi dopo una malattia, un intervento o un trauma intestinale. Si tratta di un problema temporaneo. Una “disintossicazione” dal lattosio può comportare infatti il ritorno alla normalità.
Esiste infine un’intolleranza congenita al lattosio. Si tratta di una condizione più rara, dovuta a una mutazione che impedisce completamente di digerire il latte e causa l’assenza totale di lattasi, già da prima dello svezzamento.
I sintomi compaiono a breve distanza dall’assunzione di alimenti contenenti lattosio poiché, come qualsiasi residuo alimentare, il lattosio se permane nel tratto intestinale, viene fermato dalla flora batterica. Il processo di fermentazione richiama liquidi nel colon e aumenta la produzione di gas. In questo modo si originano i principali sintomi, che includono diarrea o stitichezza, crampi addominali, gonfiore/meteorismo, e flatulenza. Possono manifestarsi anche nausea, mal di testa, spossatezza ed eruzioni cutanee. La gravità dei sintomi varia in base al quantitativo di lattosio assunto e alla gravità dell’intolleranza.
Non esistono, al momento, metodi per prevenire lo sviluppo di un’intolleranza al lattosio.
L’esame diagnostico più diffuso per accertare l’intolleranza al lattosio è il test del respiro o breath test, un esame non invasivo che consiste nell’analisi dell’aria espirata dal paziente prima e dopo la somministrazione di una dose di lattosio. Difatti, se lo zucchero del latte non viene digerito e inizia a fermentare, si ha un’iper-produzione di idrogeno: se il test rivela che nell’aria espirata è presente un livello eccessivo di questo gas, significa che è presente l’intolleranza.
Esiste anche un test genetico che analizza la sequenza dei geni coinvolti nella produzione dell’enzima lattasi e del metabolismo del lattosio per verificare l’eventuale presenza di alterazioni o varianti genetiche che predispongono all’intolleranza. Consiste nel prelievo di un campione di saliva tramite tampone buccale, da cui verrà estratto e analizzato il DNA alla ricerca delle varianti di interesse.
La scelta tra Breath Test o test genetico e l’interpretazione dei loro risultati può essere valutata insieme al proprio medico o nutrizionista di fiducia, che potrà supportarci nel percorso nutrizionale più adatto in base alla nostra storia clinica. L’intolleranza al lattosio si tratta principalmente eliminando dalla dieta tutti le fonti di lattosio, in alcuni casi solo temporaneamente: questo non significa che si debba rinunciare a tutti i derivati del latte. I formaggi stagionati (come grana, parmigiano, provolone e pecorino), infatti, generalmente non danno problemi, a meno che l’intolleranza non sia particolarmente grave, poiché il processo di stagionatura dei formaggi riduce notevolmente la presenza di lattosio.
In alternativa si possono consumare latti delattosati (ossia privi di lattosio) e prodotti caseari arricchiti da Lactobacillus acidophilus, un batterio che digerisce il lattosio, o a base di lattasi o lattosio predigerito. In caso si vogliano assumere latticini o derivati anche in presenza di deficit di lattasi, può essere utile assumere prima di mangiare enzimi contenenti lattasi.
Occorre inoltre tener presente che il lattosio è sovente usato come additivo e può essere presente in insaccati, affettati, purè, sughi, dado da brodo e alimenti in scatola, nonché in alcuni medicinali.
Fatte queste valutazioni, consiglio, come sempre, di informarsi con il proprio medico di fiducia e con un professionista della nutrizione, prima di eliminare categoricamente tutti i formaggi per tutta la vita. Ricordiamoci sempre di volerci bene e di avere a cuore la nostra salute, rivolgendoci a medici di fiducia che sanno come curare il paziente e non a commercianti che, vendendo prodotti, sono solo alla ricerca di clienti…
VOGLIAMOCI BENE, SEMPRE!
Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, venerdì 8 ottobre 2021, ore 20,00.