Non viene considerata come una malattia ma la stipsi, nota come stitichezza, è un disturbo intestinale da non sottovalutare e che colpisce il 30% della popolazione occidentale. Focus sull’intestino nel settimanale appuntamento con la dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova e che, da giornalista pubblicista, cura la nostra rubrica “Salute&Benessere”…
Con l’articolo di oggi intendo esporvi un primo disturbo intestinale che può interessare anche il 30% della popolazione occidentale. Mi riferisco alla stipsi, meglio nota come stitichezza. Si parla di stipsi funzionale quando negli ultimi 12 mesi per almeno 12 settimane, non necessariamente consecutive, si sono presentati due o più dei seguenti sintomi:
1) sforzo eccessivo in più di ¼ delle evacuazioni;
2) feci caprine o dure in più di ¼ delle evacuazioni;
3) sensazione di evacuazione incompleta in più di ¼ delle evacuazioni;
4) sensazione di blocco/ostruzione ano-rettale in più di ¼ delle evacuazioni;
5) meno di 3 evacuazioni a settimana.
La stipsi viene considerata un sintomo e non una vera e propria malattia, ma potrebbe anche essere secondaria a patologie che possono alterare la funzionalità dell’apparato gastrointestinale. Condizioni patologiche che possono causare stipsi sono, tanto per citarne alcune, cancro del colon, emorroidi, diabete mellito, ipotiroidismo, ipercalcemia, ipokalemia, ipomagnesemia, uremia, depressione, anoressia, sindrome dell’intestino irritabile e prolungati periodi di immobilizzazione. Ricordiamo anche che molti farmaci possono provocare stipsi come effetto collaterale, tra cui antiacidi, integratori di calcio o ferro e antinfiammatori non steroidei.
Quando la stipsi non è conseguenza di una patologia o dell’assunzione di un farmaco può essere di due forme: stipsi da transito intestinale rallentato e stipsi da alterazione della fase espulsiva. La stipsi da transito rallentato può dipendere da un ridotto numero di onde peristaltiche oppure da un aumento eccessivo e non coordinato della motilità del colon distale con conseguente resistenza al passaggio delle feci.
L’altra forma deriva dalla disfunzione del pavimento pelvico e/o dello sfintere anale. In questo caso la difficoltà riguarda lo svuotamento del retto e spesso è causata dal mancato rilassamento dei muscoli volontari e involontari della regione pelvica-anale.
Individuata la causa o le cause della stipsi, il trattamento prevede indicazioni di tipo dietetico-comportamentale.
Il nutrizionista stilerà un piano alimentare arrivando gradatamente a 30-35 grammi di fibre al giorno, poiché sono questi i valori raccomandati per la popolazione generale.
Le fibre, soprattutto quelle insolubili, aumentano il volume delle feci, trattengono acqua e consentono la proliferazione della flora batterica con ulteriore incremento del residuo fecale. L’effetto finale è la promozione della peristalsi intestinale.
Esistono anche integratori dietetici a base di crusca o psillio, che però devono essere assunti con le dovute cautele in quanto potrebbero interferire con l’assorbimento di micronutrienti.
Se l’arricchimento delle fibre non avviene in maniera graduale potrebbero verificarsi disturbi quali meteorismo, flatulenza, distensione addominale e crampi.
Altra raccomandazione fondamentale è quella di assumere elevate quantità di acqua.
Ulteriori benefici si hanno da uno stile di vita attivo poiché l’esercizio fisico potenzia il cosiddetto “torchio addominale”, ossia quella parte della muscolatura del tronco che è coinvolto nell’evacuazione.
Ultimo accorgimento è quella di non ignorare lo stimolo defecatorio. Rinviando l’evacuazione, infatti, si determina nel tempo una progressiva diminuzione della sensibilità al riflesso defecatorio.
Ricordo a tutti che eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione ( biologo nutrizionista, dietologo o dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da qualsiasi patologia accertata.
Edited by, venerdì 11 agosto 2017, ore 18,49.