SALUTE&BENESSERE: DOLCIFICANTI, SI O NO?

Dopo la pausa per le festività natalizie riprende la rubrica “Salute&Benessere”, su Gl Press al sesto anno di attività e curata dalla dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova ed esperta di medicina in generale. Il primo argomento del 2023 riguarda i dolcificanti, tema scottante dopo le abbuffate a tavola delle feste: prenderli, si o no?…

Trascorse le feste, l’ago della bilancia spesso torna a salire. Molti di noi cercheranno di correre ai ripari alimentandosi con cibi “senza zuccheri”, che poi tanto senza zuccheri non sono. Una convinzione errata è infatti quella di rimettersi in forma acquistando alimenti senza zuccheri che, per avere comunque un gusto gradevole, vengono addizionati di edulcoranti.

Ma gli edulcoranti sono innocui per la nostra salute?

Gli edulcoranti, chiamati anche dolcificanti, sono sostanze usate per addolcire gli alimenti o altri prodotti destinati all’uso orale. Alcuni tipi si trovano in natura, altri vengono prodotti artificialmente.

Gli edulcoranti sono considerati additivi alimentari e quindi sottoposti a procedure di valutazione prima dell’autorizzazione all’uso commerciale. Gli enti che stabiliscono le dosi giornaliere accettabili (DGA) e che attenzionano la sicurezza sono l’EFSA in Europa e la FDA negli Stati Uniti.

Adesso, però, anche la OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha deciso di esprimere il suo parere in merito.

Dopo più di un secolo di successi inarrestabili e una diffusione capillare negli alimenti industriali, gli edulcoranti potrebbero andare incontro a un lento declino, via via che crescono i sospetti di effetti negativi per la salute. Dubbi che potrebbero essere presto messi nero su bianco in un documento dell’Oms, la cui bozza è stata resa nota a luglio e dovrebbe essere varata, nella sua forma definitiva, nell’aprile del 2023.

Il documento, dopo un attento e scrupoloso esame di centinaia di studi di qualità statistica superiore pubblicati negli ultimi anni, afferma, senza mezzi termini, che i dolcificanti fanno aumentare e non diminuire, come le aziende hanno sempre sostenuto, il rischio di diabete di tipo 2 e di malattie cardiovascolari, e non fanno perdere peso ma, quando si eccede, fanno ingrassare, se valutati su intervalli di tempo medio-lunghi, superiori ai tre mesi. Lo stesso vale per l’effetto protettivo nei confronti della carie: non solo non sarebbe del tutto dimostrato, ma ci sarebbero sospetti di un aumento del rischio. Più tranquillizzante sembra invece il risultato delle indagini sul possibile effetto cancerogeno, negli anni evocato più volte soprattutto per alcuni dei dolcificanti, ma mai dimostrato con certezza. Se esistesse, sarebbe trascurabile perché associato a consumi enormi, che non rientrano nelle normali abitudini.

“I dolcificanti, riporta Il Fatto Alimentare, ormai sono diffusissimi: nel 2019, per esempio, il 60% delle bevande di Coca-Cola e l’83% di quelle di Pepsi erano senza zuccheri, mentre uno studio effettuato a Hong Kong li aveva trovati nei prodotti da forno, nei condimenti per le insalate e in vari cibi salati. In un articolo che fa il punto della situazione, il quotidiano britannico The Guardian ricostruisce anche la storia, ricca di notizie poco note al pubblico, ma che fanno capire come fin dal principio, sui sostituti del saccarosio ci siano stati condizionamenti commerciali spesso opachi, e talvolta pericolosi. A cominciare dalla saccarina, la prima sostanza dolcificante introdotta in commercio, scoperta per caso dal chimico Constantin Fahlberg della Johns Hopkins University nel 1879. Questa fu pubblicizzata come ‘spezia sicura’, 500 volte più dolce dello zucchero, senza alcun accenno alla sua provenienza dai derivati del petrolio. Il ciclammato, invece, introdotto a partire dagli anni Trenta e popolarissimo negli anni Cinquanta fu vietato nel 1969, per sospetti di cancerogenicità per la vescica

Il successivo fu l’aspartame, il cui successo planetario – nel 2005 era presente in oltre 6mila prodotti – si deve al fatto che fu il primo a poter essere utilizzato nelle bevande. Ma gli studi dell’Istituto Ramazzini di Bologna, effettuati tra il 2006 e il 2010 portarono a una richiesta di ritiro dal commercio.

La richiesta venne respinta dall’Efsa, perché la sostanza era ritenuta sicura per ogni fascia di età, comprese le donne incinte e i bambini, e che per correre qualche rischio si sarebbero dovute consumare come minimo da 12 a 36 lattine di bibite dolcificate al giorno per lunghi periodi. Il responso è sempre stato controverso e lo è diventato ancora di più dopo che un’approfondita revisione ha mostrato un chiaro legame tra l’esito positivo di moltissimi studi e i rapporti dei relativi autori con le aziende produttrici di dolcificanti. Legami che – questo il sospetto – potrebbero essersi riproposti anche in alcune agenzie pubbliche, influenzandone i responsi.

Nel frattempo, continua Il Fatto Alimentare, sono stati approvati altri dolcificanti, ma i dubbi restano, e vengono periodicamente riproposti da singoli studi che ne mettono in luce aspetti problematici. Il motivo lo chiarisce una delle ricerche più importanti degli ultimi tempi, che scardina gli argomenti a favore dei dolcificanti, perché dimostra in modo convincente come, contrariamente a quanto detto per decenni, queste sostanze abbiano effetti misurabili sul metabolismo. E questo spiega i possibili effetti negativi. In particolare la ricerca, che ha preso in considerazione gli edulcoranti aspartame, stevia, saccarina e sucralosio ed è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Cell, mostra come ci sia sempre un effetto sulla glicemia, anche se nel caso della stevia e dell’aspartame è di lieve entità, e come tutti modifichino il microbiota intestinale.

Resta poi da definire il settore più delicato: quello dei bambini, perché se in molti paesi è vietato usare i dolcificanti nei prodotti esplicitamente dedicati (in quanto considerati additivi), la realtà è che i piccoli mangiano e bevono ciò che è presente in casa, e se i familiari sono consumatori abituali di prodotti con edulcoranti, ci potrebbero essere rischi ancora in gran parte da valutare. Non è un caso se Colombia e Messico, paesi con un gravissimo problema di obesità infantile, hanno varato l’obbligo di inserire sulle etichette delle bevande dolcificate un warning specifico, un ottagono nero con la scritta contiene dolcificanti, non adatto ai bambini. Ciò dovrebbe evitare che i più piccoli sviluppino l’abitudine al gusto dolce, difficile da modificare, ma che è all’origine della maggior dei problemi delle età successive.

Anche se i colossi delle bevande analcoliche stanno cercando di superare gli edulcoranti proponendo acque aromatizzate, il consiglio di tutti noi i nutrizionisti non cambia, soprattutto per le bibite: è meglio abituarsi o ri-abituarsi all’acqua e relegare il consumo del resto a occasioni sporadiche. Anche perché, come visto, i dolcificanti sono ovunque e vengono comunque assunti.”

Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.

ISABELLA SALVIA

I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.

Edited by, venerdì 13 gennaio 2023, ore 19,06. 

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