Problemi annessi e connessi generati dal Covid. Mentre il 2020 va a finire e resterà nella storia mondiale per la pandemia del Coronavirus, ci sono le problematiche collegate ai soggetti in ipertensione che accusano particolari rischi. Ne parla la dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova ed esperta di medicina in generale, nella seguitissima puntata settimanale della rubrica “Salute&Benessere”…
In questi giorni è iniziata la somministrazione del vaccino in Gran Bretagna e Canada. Tutta la comunità scientifica è concentrata sui vaccini e sulla terapia degli anticorpi monoclonali, argomenti oggetto dei miei articoli nelle ultime settimane su questo sito. Oggi vorrei ricordarvi che, nei giorni scorsi, sono apparsi i nuovi dati sulle caratteristiche dei deceduti positivi da SARS-CoV-2 sul noto sito www.epicentro.iss.it (un veicolo d’informazione sicura che consiglio per evitare fake-news). Abbiamo avuto conferma – dalle caratteristiche dei 56mila morti positivi in Italia – che l’età media dei deceduti è stata di 80 anni. Sono poi tre o più patologie pre-esistenti nel 66% dei casi. Quindi due morti positivi su tre avevano almeno tre pregresse patologie accertate. Questa settimana ci concentreremmo sulla patologia più diffusa tra i deceduti positivi: l’ipertensione arteriosa, che interessa il 66% del campione (esattamente il 68,7% delle donne e il 64,2% degli uomini). Concentriamoci, quindi, a contenere la pressione arteriosa, non solo in questo periodo d’emergenza, ma anche dopo la pandemia, perché i suoi effettivi sulla salute possono essere gravi.
L’ipertensione arteriosa è una condizione caratterizzata dall’elevata pressione del sangue nelle arterie, che è determinata dalla quantità di sangue che viene pompata dal cuore e dalla resistenza delle arterie al flusso del sangue. Interessa mediamente circa il 30% della popolazione adulta di entrambi i sessi e, nelle donne, è più frequente dopo la menopausa.
L’ipertensione arteriosa non è una malattia, ma un fattore di rischio, ovvero una condizione che aumenta la probabilità che si verifichino altre malattie cardiovascolari (per esempio: angina pectoris, infarto miocardico, ictus cerebrale). Per questo, è importante individuarla e curarla: per prevenire i gravi danni che può provocare.
Si parla di ipertensione arteriosa sistolica quando solo la pressione massima è aumentata; al contrario, nell’ipertensione diastolica, sono alterati i valori della pressione minima. Si definisce ipertensione sisto-diastolica la condizione in cui entrambi i valori di pressione (minima e massima) sono superiori alla norma.
Nell’ipertensione arteriosa primaria (o essenziale), che rappresenta circa il 95% dei casi di ipertensione, non esiste una causa precisa, identificabile e curabile: gli elevati valori pressori sono il risultato dell’alterazione dei meccanismi complessi che regolano la pressione (sistema nervoso autonomo, sostanze circolanti che hanno effetto sulla pressione). Nel restante 5% dei casi, invece, l’ipertensione è la conseguenza di malattie, congenite o acquisite. In questi casi, definiti ipertensione secondaria, la rimozione delle cause (cioè, la cura della malattia di base) può accompagnarsi alla normalizzazione dei valori pressori.
Quali sono i sintomi dell’ipertensione?
L’aumento dei valori pressori non sempre si accompagna alla comparsa di sintomi, specie se avviene in modo non improvviso: l’organismo si abitua progressivamente ai valori sempre un po’ più alti, e non ci manda segnali. Per questo, molti ipertesi non lamentano sintomi, anche in presenza di valori pressori elevati. La scarsità dei sintomi e la loro aspecificità sono il motivo principale per cui spesso non ci accorgiamo di avere la pressione alta. In ogni caso, i sintomi legati all’ipertensione arteriosa non sono specifici, e per questo sono spesso sottovalutati o imputati a condizioni diverse. Tra i sintomi più comuni rientrano:
- Mal di testa, specie al mattino;
- Stordimento e vertigini;
- Ronzii nelle orecchie (acufeni, tinniti);
- Alterazioni della vista (visione nera, o presenza di puntini luminosi davanti agli occhi);
- Perdite di sangue dal naso (epistassi).
Proprio perché è difficile dai sintomi comprendere se si è ipertesi, è fondamentale controllare periodicamente la pressione: fare diagnosi precoce di ipertensione arteriosa significa prevenire i danni ad essa legata e, quindi, malattie cardiovascolari anche invalidanti o la morte.
Quali fattori predispongono le persone a questa condizione?
- Familiarità: la presenza, in famiglia, di soggetti ipertesi aumenta la probabilità che un paziente sviluppi ipertensione arteriosa;
- Età: la pressione arteriosa aumenta con l’avanzare dell’età;
- Sovrappeso: sovrappeso e obesità, attraverso meccanismi diversi e complessi, si associano ad un incremento dei valori pressori;
- Diabete: questa condizione, grave e diffusa tra la popolazione, si associa spesso ad un incremento della pressione arteriosa, aumentando in modo significativo i rischi per la salute;
- Fumo: il fumo di sigaretta altera acutamente i valori di pressione arteriosa (dopo aver fumato, la pressione resta più alta per circa mezz’ora); a questo, si associano i danni cronici che il fumo induce sui vasi arteriosi (perdita di elasticità, danno alle pareti vascolari, predisposizione alla formazione di placche aterosclerotiche).
- Disequilibrio di sodio e potassio: mangiare cibi troppo salati e, in generale, una dieta troppo ricca di sodio o povera di potassio, possono contribuire a determinare l’ipertensione arteriosa;
- Alcool: un consumo eccessivo di alcoolici (più di due bicchieri) può contribuire all’innalzamento dei valori pressori, oltre che danneggiare il cuore (che, per effetto del troppo alcool, tende a dilatarsi e a perdere la sua funzione di pompa, con gravi conseguenze).
La misurazione della pressione arteriosa, come noto, è espressa attraverso due valori, pressione sistolica (massima) e pressione diastolica (minima), che dipendono dal fatto che il muscolo cardiaco si contrae (sistole) e si rilassa (diastole) tra un battito e l’altro. I valori normali per la popolazione adulta sono compresi entro i 140/85 mmHg. Pertanto, si parla di ipertensione quando uno o entrambi i valori di pressione sono costantemente superiori alla norma.
Poiché l’incremento dei valori pressori spesso non si accompagna a sintomi e poiché, quando presenti, questi non sono specifici, il solo modo per fare diagnosi di ipertensione arteriosa è quello di sottoporsi periodicamente a misurazioni della pressione.
Una volta compreso che i valori sono alti, è utile rivolgersi ad un medico, per sottoporsi ad alcuni esami che permettono di capire se l’ipertensione ha già danneggiato i vasi, il cuore o i reni.
Uno specialista avrà come obiettivo quello di riportare i valori pressori alla normalità (cioè, entro i 140/85 mmHg, a meno di patologie concomitanti, che impongono valori di pressione più bassi): non basta, pertanto, abbassare un po’ la pressione, ma è importante normalizzarla (diversamente, il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari resterà aumentato). In questo contesto, oltre ad una possibile cura farmacologica, è utile pure regolarizzare e bilanciare l’alimentazione, prevedendo, ad esempio, una dieta povera di sale o un consumo controllato di alcoolici.
Nei casi di lievi aumenti della pressione arteriosa, e in assenza di altri fattori di rischio associati (fumo, diabete, ipercolesterolemia), una alimentazione bilanciata può essere una valida se prescritta dal medico e da un professionista dell’alimentazione.
Ci auguriamo tutti che, tra qualche mese, questa pandemia sia solo un brutto ricordo, ma rimarranno patologie importanti che dobbiamo sempre prevenire, proprio come l’ipertensione. Per questo motivo, è importante misurarsi periodicamente la pressione arteriosa, oltre che rispettare le regole di questa emergenza, come indossare la mascherina, lavarsi spesso le mani e mantenere un corretto distanziamento interpersonale.
Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, venerdì 11 dicembre 2020, ore 19,00.