Riposto: Le due donne uccise e il killer suicida, alla ricerca di un movente. Ispezioni ordinate dal ministro

Si cerca un movente per dare una chiave di lettura al duplice omicidio di sabato mattina a Riposto e con il killer suicida davanti alla caserma dei carabinieri. Al vaglio tabulati telefonici, messaggi e social network. Il ministro della Giustizia CARLO NORDIO dispone accertamenti. Nella foto in alto, da sx: le vittime SANTA CASTORINA e CARMELINA MARINO e in mezzo il loro assassino, SALVATORE LA MOTTA. Il servizio sul link Sicilia News…

Tabulati telefonici, messaggi e social network: dal loro incrocio potrebbe uscire il movente del duplice femminicidio di Riposto e del suicidio dell’ergastolano Salvatore “Turi” La Motta. Ne sono convinti gli investigatori che indagano sul caso, anche se qualcosa sarebbe già emerso: i tre si conoscevano. E prende più corpo anche l’ipotesi che La Motta avesse avuto una relazione con Carmelina “Melina” Marino, 48 anni, assassinata nella sua Suzuki Ignis sul lungomare Pantano, non sposata e madre di due figli. Sui profili social della donna emerge però che il suo grande amore è un fratello detenuto, anche se un video su postato su Tik Tok del febbraio del 2022 attacca un uomo “traditore”. In questo contesto la seconda vittima, Santa Castorina, 50 anni, uccisa sul marciapiede della centralissima via Roma, potrebbe essere stata vista in qualche modo come una persona che ostacolava la relazione. Ma sono tutte ipotesi che al momento non trovano conferme ufficiali.

Maggiori chiarimenti sulla dinamica dei due femminicidi verranno dalla visione dei filmati di sicurezza delle zone interessate che sono stati sequestrati e da altri che verranno acquisiti. Nelle immagini delle telecamere di un’area di servizio, acquisite dai carabinieri, si vede il primo delitto: Melina Marino è sulla propria auto parcheggiata lungo la strada, l’omicida, dopo essere sceso dal veicolo guidato da un’altra persona, raggiunge velocemente la donna che sedeva sul lato guidatore, apre la portiera lato passeggero e sporgendosi nell’abitacolo fa fuoco, colpendola mortalmente al volto. L’auto con cui l’assassino arriva e poi va via è la Volkswagen Golf nera di Luciano Valvo, di 55 anni, fermato per concorso nell’omicidio di Melina Marino. Valvo, bloccato mentre stava abbandonando la propria abitazione, nell’interrogatorio davanti al sostituto procuratore di Catania che lo ha interrogato si è avvalso della facoltà di non rispondere.

L’AVVOCATO E IL TENTATIVO DI MEDIAZIONE – Una vicenda ripercorsa dal legale di Turi La Motta che ha raccontato tutte le drammatiche fasi dell’infernale mattinata di sabato. “Avvocato, sto venendo, vengo io”. Così Salvatore “Turi” La Motta ha risposto al suo avvocato Antonino Cristofero Alessi, che lo aveva chiamato dalla caserma dei carabinieri della Stazione di Riposto. L’ergastolano in permesso premio, poi suicida, era ricercato dalle forze dell’ordine nell’ambito delle indagini sui due femminicidi commessi. L’avvocato era nella caserma dei carabinieri per seguire un altro caso. Sono stati i militari dell’Arma a chiedergli di mettersi in contatto con il suo assistito per convincerlo a consegnarsi. “Ho chiamato La Motta utilizzando il viva voce – ricostruisce il penalista – e gli ho detto di costituirsi ai carabinieri, di dirmi dove si trovava che potevano andare a prenderlo e sapendo che poteva contare sulla mia presenza per l’immediata assistenza legale. Lui mi ha risposto “sto venendo, vengo io”. La Motta – aggiunge il legale – è arrivato cinque minuti dopo. Aveva un’arma in mano e mi ha chiamato “Antonio”, con il mio primo nome. I carabinieri gli hanno intimato di posare la pistola, e poi ho sentito lo sparo…”. “Mai avrei immagino – sottolinea il penalista – che potesse accadere tutto questo, non c’è stato nessun segnale pregresso, nessuno. Impensabile. Era un detenuto che aveva usufruito dei permessi di legge per buona condotta: lavorava a Riposto, prima in un panificio, poi in una rivendita di formaggi. Durante i due anni di Covid dormiva a casa della sua famiglia, dal 3 gennaio, finita l’emergenza pandemica, rientrava la sera al carcere di Augusta. Le due donne uccise le conoscevo, erano due care ragazze. Non mi ricordo di contatti tra loro o con La Motta – prosegue l’avvocato Alessi -. Lui non era sposato e non so se frequentasse qualcuna in particolare, avevo capito che c’era una piccola storia in particolare, ma atteneva alla sua sfera privata e non al nostro rapporto professionale. Ma niente lasciava presagire minimamente quello che è successo”. Il collegamento tra le due donne e l’omicida resta al centro delle indagini dei carabinieri della Compagnia di Giarre e del Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Catania.

NORDIO ANNUNCIA ISPETTORI – Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha chiesto all’Ispettorato generale di avviare urgenti accertamenti preliminari sui fatti di Riposto: non si è fatta attendere la risposta dello Stato sul duplice femminicidio compiuto da un detenuto ergastolano in permesso premio che poi si è tolto la vita. “Capisco l’iniziativa, ma Salvatore La Motta usufruiva di permessi premio da anni, durante il Covid non rientrava in carcere ad Augusta ma dormiva a casa da familiari a Riposto. Aveva avuto un percorso rieducativo, tenendo una buona condotta, che l’avevano portato a diplomarsi mentre era detenuto”, ha precisato il legale di La Motta. I permessi erano firmati dal magistrato di sorveglianza di Siracusa. E, aggiunge il penalista, “non è che li regalino, ma si ottengono solo se si fa un certo percorso”. “E in questo percorso, il mio cliente – rivela il legale – mi aveva raccontato che, quando non lo assistevo ancora io, aveva avuto modo di incontrare il Papa, ed era felice di questo ricordo”.

        g.l.

Edited by, lunedì 13 febbraio 2023, ore 10,56. 

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