Palermo: L’omicidio dell’agente Agostino e della moglie. Confermato l’ergastolo per il boss Nino Madonia

La Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha confermato la condanna all’ergastolo per il boss NINO MADONIA nel processo di appello per l’omicidio del poliziotto NINO AGOSTINO e della moglie incinta, IDA CASTELLUCCIO (foto in alto la coppia il giorno del matrimonio), uccisi a colpi di pistola il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. Agostino, agente delle Volanti, collaborava con i servizi segreti nella ricerca dei grandi latitanti di mafia del tempo. Il servizio sul link Sicilia News…

La Corte d’Assise d’Appello di Palermo ha confermato la condanna all’ergastolo per il boss Nino Madonia nel processo di appello per l’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie incinta, Ida Castelluccio, uccisi a colpi di pistola il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. Il boss aveva scelto il rito abbreviato e in primo grado, nel 2021, era stato condannato alla stessa pena. L’accusa, rappresentata dai sostituti procuratori Domenico Gozzo e Umberto De Giglio, aveva sollecitato la conferma della sentenza di primo grado. L’imputato ha ascoltato la sentenza collegato in video conferenza. Confermate anche le condanne di risarcimento per le parti civili costituite: i familiari delle vittime, il Centro studi Pio La Torre e l’associazione Libera.

I giudici, in parziale riforma del primo verdetto, emesso in abbreviato, hanno escluso la circostanza aggravante della premeditazione nell’assassinio della donna. Il delitto è rimasto impunito per 32 anni. Dopo una lunga indagine a carico di Madonia, del boss Gaetano Scotto e di Francesco Paolo Rizzuto, un amico della vittima, entrambi giudicati separatamente, la Procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione, ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo.

Nino Madonia in una foto d’archivio

L’inchiesta è stata avocata dalla Procura generale che è giunta a conclusioni differenti e ha chiesto il rinvio a giudizio dei tre imputati. Madonia aveva scelto il rito abbreviato. Agostino, agente di polizia formalmente assegnato alle Volanti, collaborava con i servizi segreti alle indagini per la cattura dei grandi latitanti di mafia del tempo. Insieme a Emanuele Piazza, anche lui assassinato, Giovanni Aiello, morto d’infarto quattro anni fa, Guido Paolilli, agente di polizia e ad altri componenti allora di vertice dei servizi di sicurezza, avrebbe fatto parte di una struttura di intelligence che teneva rapporti con alcuni esponenti di Cosa nostra. Rapporti, secondo l’accusa, opachi.

Agostino avrebbe compreso le reali finalità della struttura a cui apparteneva (alla quale aveva offerto una pista per arrivare alla cattura di Salvatore Riina a San Giuseppe Jato) e avrebbe deciso di allontanarsene poco prima del matrimonio. Una scelta che, secondo gli inquirenti, ha pagato con la vita. La Dia ha indagato sui rapporti tra esponenti delle istituzioni e i capimafia Madonia, boss di Resuttana, e Scotto, da sempre indicato come trait d’union con appartenenti ai Servizi di sicurezza, e sulla figura di Aiello, noto come “faccia da mostro”, un personaggio dalle mille ombre con legami con ambienti della eversione nera poi deceduto. Decisive le dichiarazioni dei pentiti Vito Galatolo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Brusca, Giuseppe Marchese, Francesco Onorato ma anche di testimoni vicini ad Agostino, come colleghi e familiari. Ulteriori conferme sono venute dalle intercettazioni telefoniche, che hanno dimostrato il coinvolgimento della struttura di cui la vittima faceva parte nei depistaggi di alcune indagini. Nel contesto della nuova inchiesta è emersa la figura di Francesco Paolo Rizzuto, soprannominato “Paolotto”, che nel 1989 era amico di Agostino e che la notte precedente al delitto aveva partecipato con la vittima ad una battuta di pesca. I due avevano dormito a casa di Agostino a Villagrazia di Carini. La mattina dopo Agostino sarebbe andato in ufficio, mentre Rizzuto sarebbe rimasto dalla famiglia dell’agente. Secondo gli inquirenti in più occasioni avrebbe mentito su quanto accaduto nel giorno e nel luogo del delitto. Per anni il padre della vittima, divenuto simbolo di una battaglia coraggiosa per la ricerca della verità, ha denunciato i depistaggi e le connivenze che hanno protetto i responsabili della morte del figlio chiedendo giustizia.

         g.l.

Edited by, venerdì 6 ottobre 2023, ore 9,00. 

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