Op. “Nebrodi”: La sentenza di primo grado. Le motivazioni in oltre 3.000 pagine

Sentenza_1007_22_Nebrodi

E’ stata emessa la notte del 31 ottobre 2022 la sentenza di primo grado del processo con il rito ordinario scaturito dall’operazione “NEBRODI”, scattata il 15 gennaio 2020 e che ha visto alla sbarra 101 imputati con 493 capi di imputazione complessivi. Il collegio giudicante del Tribunale di Patti (foto in alto in piedi durante la lettura: al centro il presidente UGO SCAVUZZO, a latere i giudici ANDREA LA SPADA ed ELEONORA VONA) ha emesso 91 condanne per oltre 600 anni di carcere, disposte confische per 4 milioni di euro mentre sono stati 10 gli assolti. Il riepilogo, la ricostruzione dell’operazione e, cliccando in alto sul file SENTENZA 1007 22 NEBRODI, la lettura delle oltre 3.000 pagine delle motivazioni depositate in cancelleria pochi giorni fa…

GIUSEPPE LAZZARO

Il collegio giudicante del Tribunale di Patti (presidente Ugo Scavuzzo, a latere Andrea La Spada ed Eleonora Vona), ha concluso il dibattimento a tempo di record considerato che il processo iniziò il 2 marzo 2021 e si è svolto interamente all’aula bunker di Gazzi a Messina tranne, appunto, nell’ultima udienza del 24 ottobre scorso prima di andare in camera di consiglio e per la lettura del dispositivo la notte del 31 ottobre 2022. La pubblica accusa è stata sostenuta dai pm Vito Di Giorgio, Procuratore aggiunto di Messina, dai sostituti della DDA Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti e dal sostituto della Procura ordinaria di Messina Alessandro Lo Gerfo. I pubblici ministeri, il 16 luglio 2022, avevano chiesto 1.045 anni di carcere e 30 milioni di euro di confische a conclusione delle requisitorie.

LA SENTENZA

In tutto il collegio giudicante ha sentenziato oltre 600 anni di carcere e oltre 4 milioni di euro e – come detto – 91 condanne e 10 assoluzioni.

Accanto alle generalità dell’imputato e al luogo di residenza o di origine, in carattere grande la decisione.

AGOSTINO NINONE PASQUALINO (di Castell’Umberto): 13 ANNI E 4 MESI DI RECLUSIONE

ARCODIA Laura (di Maniace): 2 ANNI E 2 MESI

ARMELI Sebastiano (Tortorici): 7 ANNI E 4 MESI

ARMELI Giuseppe (Tortorici): 9 ANNI E 2 MESI

ARMELI MOCCIA Giuseppe (Tortorici): 3 ANNI E 10 MESI

ARMELI MOCCIA Rita (Tortorici): 7 ANNI E 8 MESI

ARMELI MOCCIA Salvatore (Tortorici): 5 ANNI E 4 MESI+5.000 EURO DI MULTA

BARBAGIOVANNI Calogero (Tortorici): 15 ANNI E 6 MESI

BONTEMPO Alessio (Tortorici): 2 ANNI PENA SOSPESA

BONTEMPO Gino (Tortorici): 4 ANNI

BONTEMPO Giovanni (Tortorici): ASSOLTO (prescrizione da tutti i reati)

BONTEMPO Giuseppe (Tortorici): 3 ANNI E 4 MESI

BONTEMPO Lucrezia (Tortorici): ASSOLTA

BONTEMPO Salvatore (Biancavilla): 12 ANNI

BONTEMPO Sebastiano detto “u biondino” (Tortorici): 25 ANNI E 7 MESI

BONTEMPO SCAVO Sebastiano (Tortorici): 6 ANNI E 6 MESI

CALA’ CAMPANA Sebastiana (Tortorici): ASSOLTA

CALA’ LESINA Salvatore detto “Moccia” (Tortorici): 10 ANNI

CALABRESE Maria Chiara (Capizzi): 4 ANNI+5.000 EURO DI MULTA

CALCO’ LABRUZZO Gino (Tortorici): 10 ANNI

CALI’ Antonino (Leonforte): 3 ANNI E 4 MESI

CAPUTO Andrea (Cesarò): ASSOLTO

CAPUTO Antonio (Cesarò): 4 ANNI

CARCIONE Arturo (Caprileone): ASSOLTO

CARCIONE Giuseppe (Messina): 3 ANNI E 4 MESI

COCI Jessica (Centuripe): 5 ANNI

COCI Carolina (Tortorici): 3 ANNI

COCI Domenico (Tortorici): 17 ANNI E 6 MESI

COCI Rosaria (Tortorici): 4 ANNI E 8 MESI

COCI Sebastiano (Tortorici): 4 ANNI E 4 MESI

CONTI MICA Denise (Tortorici): 3 ANNI

CONTI MICA Sebastiano, detto “U belloccio” (Tortorici): 23 ANNI E 6 MESI

CONTI PASQUARELLO Giusi (Tortorici): 3 ANNI E 7 MESI

CONTI TAGUALI Ivan (Tortorici): 11 ANNI E 2 MESI

COSTANTINI Massimo (Sondrio): 5 ANNI

COSTANZO ZAMMATARO Antonina (Tortorici): 4 ANNI E 4 MESI

COSTANZO ZAMMATARO Claudia (Tortorici): 3 ANNI

COSTANZO ZAMMATARO Giuseppe (Tortorici, classe 1950): 5 ANNI

COSTANZO ZAMMATARO Giuseppe, detto “carretteri” (Biancavilla, classe 1982): 16 ANNI E 4 MESI

COSTANZO ZAMMATARO Giuseppe, detto “rummuluni” (Biancavilla, classe 1985): 12 ANNI

COSTANZO ZAMMATARO Loretta (Tortorici): 3 ANNI E 2 MESI

COSTANZO ZAMMATARO Romina (Tortorici): 3 ANNI

COSTANZO ZAMMATARO Valentina (Tortorici): 6 ANNI

CRASCI’ Barbara (Tortorici): 4 ANNI

CRASCI’ Katia (Rocca di Caprileone): 4 ANNI E 4 MESI

CRASCI’ Lucio Attilio Rosario (Tortorici): 9 ANNI E 10 MESI

CRASCI’ Salvatore Antonino (Tortorici): 3 ANNI E 4 MESI

CRASCI’ Sebastiano (Tortorici): 6 ANNI E 6 MESI

CRAXI Sebastiano (Tortorici): 13 ANNI E 7 MESI

CRIMI Sara Maria (Tortorici): 2 ANNI+5.000 EURO DI MULTA

DELL’ALBANI Salvatore (Caltagirone): 4 ANNI E 10 MESI

DESTRO MIGNINO Santo (Sant’Agata Militello): 10 ANNI E 6 MESI

DESTRO MIGNINO Sebastiano (Tortorici): 10 ANNI E 4 MESI

DI BELLA Pietro (Enna): 2 ANNI+5.000 EURO DI MULTA

DI MARCO Marinella (San Teodoro): 6 ANNI E 11 MESI

DI STEFANO Maurizio (Caltagirone): 3 ANNI E 4 MESI

FARANDA Antonino (Tortorici): 5 ANNI E 4 MESI

FARANDA Aurelio Salvatore (Caltagirone, originario di Tortorici): 30 ANNI

FARANDA Davide (Tortorici): 4 ANNI

FARANDA Emanuele Antonino (Tortorici): 6 ANNI E 2 MESI

FARANDA Gaetano (Tortorici): 6 ANNI E 2 MESI

FARANDA Gianluca (Tortorici): 4 ANNI

FARANDA Massimo Giuseppe (Tortorici): 11 ANNI

FARANDA Rosa Maria (Tortorici); ASSOLTA

FERRERA Giuseppe (Caltagirone): 2 ANNI PENA SOSPESA

FLORIDIA Innocenzo (Caltagirone): ASSOLTO

FOTI Valentina (Acquedolci): 2 ANNI+5.000 EURO DI MULTA

GALATI GIORDANO Vincenzo (classe 1958, Tortorici): 4 ANNI+30.000 EURO DI MULTA

GALATI GIORDANO Vincenzo, detto “Lupin” (classe 1969, Tortorici): 21 ANNI E 8 MESI

GALATI MASSARO Santo (Centuripe): 4 ANNI E 4 MESI

GALATI PRICCHIA Daniele (Tortorici): 4 ANNI E 10 MESI

GALATI SARDO Emanuele (ex sindaco di Tortorici): 6 ANNI E 2 MESI

GLIOZZO Giuseppina (Cesarò) ASSOLTA

GULINO Mario (San Piero Patti): 7 ANNI+10.000 EURO DI MULTA

HILA Alfred (albanese, di Torrenova): 10 ANNI

LINARES Roberta (Augusta): 4 ANNI E 2 MESI

LOMBARDO FACCIALE Pietro (Tortorici): 11 ANNI E 8 MESI

LUPICA SPAGNOLO Francesca (Tortorici): 3 ANNI E 8 MESI

LUPICA SPAGNOLO Rosa Maria (Tortorici): 5 ANNI E 6 MESI

MANCUSO CATARINELLA Jessica (Capizzi): 3 ANNI+7.000 EURO DI MULTA

MANCUSO Cristoforo Fabio (Acicastello): 3 ANNI

MARINO Agostino Antonino (Tortorici): 9 ANNI E 6 MESI

MARINO Rosario (Tortorici): 6 ANNI E 8 MESI

MILITELLO Alessandro Giuseppe: ASSOLTO

NATOLI Giuseppe (Tusa): 6 ANNI E 8 MESI

PATERNITI BARBINO Antonino Angelo (Tortorici): 9 ANNI E 2 MESI

PIRRIATORE Massimo (Maniace): 3 ANNI E 6 MESI

PRUITI Elena (Tortorici): 5 ANNI E 2 MESI

PROTOPAPA Francesco (Tortorici): 10 ANNI

REALE Angelamaria (Messina): 2 ANNI

RIZZO SCACCIA Danilo (Maniace): 3 ANNI E 6 MESI

SCINARDO TENGHI Giuseppe (Capizzi): 4 ANNI

SCINARDO GIUSEPPINA (Capizzi): 3 ANNI E 4 MESI

SCINARDO TENGHI Elisabetta (Capizzi): ASSOLTA

SPASARO ANGELICA GIUSY (Galati Mamertino): 3 ANNI E 4 MESI

SPASARO Giuseppe Natale (Galati Mamertino): 2 ANNI E 6 MESI

STRANGIO Antonia (Capo d’Orlando, originaria di Locri): 11 anni e 10 MESI

TALAMO Mirko (Tortorici): 3 ANNI

TERRANOVA Salvatore (Nicolosi): ASSOLTO

VECCHIO Giovanni (San Giovanni La Punta): 10 ANNI E 3 MESI

ZINGALES Carmelino (Caprileone): 5 ANNI E 8 MESI

LE ALTRE STATUIZIONI

Il Tribunale ha deciso per tutti i condannati per i reati mafiosi l’interdizione perpetua, l’interdizione per 5 anni per quelli condannati per associazione ma senza le aggravanti mafiose, la confisca di 17 ditte individuali e società agricole, la confisca di buona parte dei milioni di euro sequestrati nel 2020. Dovranno poi essere risarciti gli imprenditori agricoli che hanno denunciato l’appropriazione dei terreni da parte dei mafiosi e le associazioni antiracket Addiopizzo e tutte le altre parti civili costituite.

LE CONFISCHE

Le confische decise dal collegio giudicante giova ricordare che non sono definitive ma appellabili, esattamente come gli imputati. Sono 17 le aziende e imprese individuali confiscate, ecco l’elenco:

Bontempo Alessio, ditta individuale

L’Anghera

Giglio bianco, società agricola a r.l.s.

La Perla, società agricola a r.l.s.

Zaffiro, società agricola a r.l.s.

Monte Verde, società cooperativa agricola

Tassita, società cooperativa agricola

Galati Pricchia Daniele, ditta individuale

Nicolae Josif Marian ditta individuale

Costanzo Zammataro Valentina Zootecnica di Costanzo Zammataro&C.S.S.

La Contessa, società agricola a r.l.s.

La Campagnola, società agricola a l.r.s.

Pruiti Elena, azienda agricola

La Quercia s.a.s. di Crascì Barbara&C.

L’Airone, società agricola a r.l.s.

Floridia Innocenzo, ditta individuale.

I giudici hanno poi disposto la confisca di società e imprese, beni mobili e immobili riconducibili a Sebastiano Bontempo detto “biondino”, Giuseppe Costanzo Zammataro detto “carretteri” e Vincenzo Galati Giordano detto “Lupin”. Per tutte le altre aziende o imprese sequestrate in fase cautelare, in precedenza durante le indagini, i giudici hanno disposto il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto.

Ci sono poi ben 56 provvedimenti di confisca di somme a singoli imputati (l’importo varia da 4.000 a quasi 500.000 euro). Tra di questi 80.000 euro a Sebastiano Bontempo Scavo; 125.000 euro a Rosario Coci; 121.000 euro a Giuseppe Costanzo Zammataro detto “carretteri”; 152.000 euro a Pietro Lombardo Facciale; 117.000 euro a Emanuele Galati Sardo, ex sindaco di Tortorici; 230.000 euro all’avvocato Antonia Strangio, originaria di Locri ma domiciliata a Capo d’Orlando; 191.000 euro a Giovanni Vecchio e 495.000 euro a Rosario Attilio Lucio Crascì.

L’OPERAZIONE

Il provvedimento custodiale fu emesso dal Gip presso il Tribunale di Messina ed eseguito la notte del 15 gennaio 2020 e riguardò 94 soggetti (48 in carcere e 46 agli arresti domiciliari) ed il sequestro di 151 imprese, conti correnti, rapporti finanziari e vari cespiti. Agli originari indagati contestati, a vario titolo, i reati previsti e puniti dagli artt. 416 bis (associazione per delinquere di stampo mafioso), 424 (danneggiamento seguito da incendio), 468 (uso di sigilli e strumenti contraffatti), 476 (falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico), 479 (falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico), 512 bis (trasferimento fraudolento di valori), 629 (estorsione), 640 bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e 648 ter (impiego di denaro, beni ed utilità di provenienza illecita) del Codice penale.

Il procedimento, convenzionalmente definito “Nebrodi”, è il frutto di due diverse deleghe di indagini – che la DDA di Messina affidò al G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Messina ed ai Carabinieri del R.O.S., del Comando Provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare – entrambe relative al territorio dei Nebrodi.

L’indagine delegata al R.O.S. ha consentito di ricostruire l’attuale assetto e operatività del clan dei BATANESI, diretto da BONTEMPO Sebastiano (classe 1969), BONTEMPO Sebastiano (cl. ’72), CONTI MICA Sebastiano, GALATI GIORDANO Vincenzo, gruppo mafioso operante nella zona di Tortorici e in gran parte del territorio della provincia di Messina. L’altro filone d’indagine, quella Guardia di Finanza, si è concentrato su una costola del clan BONTEMPO SCAVO, capeggiata da FARANDA Aurelio Salvatore che, dopo le vicissitudini giudiziarie derivanti da diverse vicende processuali, nel corso del tempo ha esteso il centro dei propri interessi fino al calatino. Sono emersi importanti elementi, reputati gravi dal Gip di Messina, in ordine non solo all’area di operatività delle famiglie mafiose ma anche alla loro capacità di interlocuzione. Dalle investigazioni rese particolarmente complesse dal contesto territoriale ostile ed ermetico è emersa l’immagine di un’associazione mafiosa estremamente attiva, osservante delle regole e dei canoni dell’ortodossia mafiosa, in posizione egemone nell’area nebroidea della provincia di Messina ma capace, al tempo stesso, di rapportarsi – nel corso di riunioni tra gli affiliati – con le articolazioni territoriali mafiose di Catania, Enna e finanche del mandamento delle Madonie di Cosa Nostra palermitana. In tale ambito sono stati documentati importanti momenti dell’evoluzione dei Batanesi, rappresentati dall’operatività di una loro “cellula” in territorio di Centuripe, dalla capacità di intervenire in dinamiche mafiose a Regalbuto e Catenanuova, mediante rapporti con esponenti della locale criminalità organizzata e dall’estensione della loro influenza al territorio di Montalbano Elicona, un tempo controllato dalla famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto. Inoltre, emersero profili di allarmante riconoscimento del ruolo rivestito da alcuni suoi componenti, anche da parte di pubblici ufficiali: basti pensare che uno dei membri più attivi della famiglia mafiosa dei Batanesi è stato interpellato da un funzionario della Regione Siciliana, in relazione a furti e danneggiamenti di un mezzo meccanico dell’amministrazione regionale, impiegato nell’esecuzione di taluni lavori in area territoriale diversa dal comprensorio di Tortorici (e ciò a riprova di un forte radicamento della famiglia tortoriciana anche in zone distanti dai territori di origine). Sono stati ricostruiti, altresì, numerosi episodi delittuosi, riconducibili ad attività illecite tradizionali dell’organizzazione mafiosa tra le quali due distinte associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti ed estorsioni, finalizzate, principalmente, all’accaparramento di terreni, la cui disponibilità è presupposto per accedere ai contributi comunitari. E proprio l’interesse – perseguito senza alcun contrasto e dunque in completo accordo dai gruppi mafiosi oggetto delle indagini – ad ottenere le illecite percezione di ingenti contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) si è rivelato essere la principale attività rilevante per tutta l’organizzazione mafiosa presente sul territorio. In particolare, è stata accertata, a partire dal 2013, l’illecita percezione di erogazioni pubbliche per oltre 10 milioni di euro, con il coinvolgimento in tale attività di oltre 150 imprese agricole (società cooperative o ditte individuali), tutte direttamente o indirettamente riconducibili alle due famiglie mafiose, alcune delle quali meramente cartolari ed inesistenti nella realtà. La percezione fraudolenta delle somme è stata possibile grazie all’apporto compiacente di colletti bianchi identificati dalle indagini: ex collaboratori dell’Agea, il notaio di Canicattì Antonino Pecoraro ma assolto in un’altra tranche della “Nebrodi”, numerosi responsabili dei centri C.A.A. Soggetti muniti del know-how necessario per realizzare l’infiltrazione della criminalità mafiosa nei meccanismi di erogazione di spesa pubblica e conoscitori dei limiti del sistema dei controlli. Il meccanismo fraudolento si fonda sulla “spartizione virtuale” del territorio, operata dall’organizzazione mafiosa, ai fini della commissione di un numero elevatissimo di truffe, con rapporti anche con consorterie mafiose operanti in altre province. Nello specifico, con modus operandi diversi ma improntati a sistematicità, gli indagati hanno falsamente esibito – in un arco temporale che va dal 2012 al 2019 – la asserita titolarità, in capo a membri dell’associazione ovvero a “prestanomi”, di particelle di terreni in realtà riconducibili a persone o enti diversi dai richiedenti il contributo europeo. Esaminando le istanze (con contenuto falso) finalizzate ad ottenere i contributi è emersa una suddivisione pianificata delle aree di influenza tra i sodalizi, finalizzata a scongiurare la duplicazione (o la moltiplicazione) di istanze diverse afferenti alle medesime particelle. Questo specifico aspetto investigativo è stato confermato attraverso intercettazioni ed acquisizioni documentali, presso diversi Centri di Assistenza Agricola, dei fascicoli aziendali delle singole ditte/società attraverso le quali venivano perpetrate le truffe; e mediante perquisizioni eseguite presso le abitazioni dei principali indagati e presso alcuni Centri di Assistenza Agricola. E’ emerso, così, come gli operatori di detti Centri di Assistenza e gli appartenenti all’organizzazione mafiosa, concordassero: 1) la predisposizione di falsa documentazione attestante la titolarità di terreni da inserire nelle domande di contribuzione, anche mediante l’utilizzo di timbri falsi; 2) la cessazione delle ditte/aziende già utilizzate (mettendole in liquidazione); 3) il trasferimento dei titoli autorizzativi da una società/ditta ad altre da utilizzare nel contesto dell’organizzazione; 4) lo spostamento delle particelle dei terreni da una azienda a favore di altre riconducibili agli stessi sodali; 5) la revoca dei mandati riferiti a precedenti Centri di Assistenza Agricola a favore di altri, e ciò al fine di rendere più difficile il reperimento della documentazione utile agli organi di controllo. Tra gli elementi di novità raccolti dall’indagine emerge in maniera significativa un profilo di carattere internazionale degli illeciti, commessi nell’interesse delle associazioni mafiose. In alcuni casi, infatti, le somme provento delle truffe sono state ricevute dai beneficiari su conti correnti aperti presso istituti di credito attivi all’estero e, poi, fatte rientrare in Italia attraverso complesse e vorticose movimentazioni economiche, finalizzate a fare perdere le tracce del denaro. Ciò a dimostrazione del fatto che l’organizzazione mafiosa, grazie all’apporto di professionisti, dimostrava di avere una fisionomia modernissima e dinamica, decisamente lontana dallo stereotipo della “mafia dei pascoli”: muovendo dal controllo dei terreni, forti di stretti legami parentali e omertà diffusa (e, quindi, difficilmente permeabili al fenomeno delle collaborazioni con la giustizia), essa mirava all’accaparramento di utili, infiltrandosi in settori strategici dell’economia legale, depredandolo di ingentissime risorse, nella studiata consapevolezza che le condotte fraudolente, aventi ad oggetto i contributi comunitari – praticate su larga scala e difficilmente investigabili in modo unitario e sistematico – presentino bassi rischi giudiziari, a fronte di elevatissimi profitti.

Edited by, martedì 2 maggio 2023, ore 9,44. 

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