Diventa definitiva, con la decisione della Prima sezione penale della Cassazione, la sentenza per 8 imputati coinvolti nell’operazione antimafia “GOTHA 6””, scattata il 3 febbraio 2016, che avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato, tra cui cinque collaboratori di giustizia, accusati e autoaccusatisi di aver partecipato ai diversi gruppi di fuoco organizzati dai vertici della famiglia mafiosa dei “Barcellonesi”, che hanno determinato – tra il 1993 e il 2012 – l’uccisione di 14 persone, tentando di ucciderne una quindicesima. Foto in alto gli otto condannati, fila in alto da sx: CARMELO D’AMICO ed il fratello FRANCESCO, FRANCO MUNAFO’, NUNZIATO SIRACUSA; fila in basso, da sx: SALVATORE CARMELO TRIFIRO’; SALVATORE CHIOFALO; SANTO GULLO; TINDARO CALABRESE…
Diventa definitiva la sentenza per 8 imputati coinvolti nell’operazione antimafia “Gotha VI”, che per evitare l’ergastolo avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato, tra cui cinque collaboratori di giustizia, accusati e autoaccusatisi di aver partecipato ai diversi gruppi di fuoco organizzati dai vertici della famiglia mafiosa dei “Barcellonesi”, che hanno determinato – tra il 1993 e il 2012 – l’uccisione di 14 persone, tentando di ucciderne una quindicesima. In atto c’è un altro tronco
LE CONDANNE CONFERMATE DALLA PRIMA SEZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Tindaro Calabrese, 46 anni, ex capo dei “Mazzarroti”, 30 anni di reclusione;
Carmelo Salvatore Trifirò, 46 anni, 30 anni di reclusione;
Salvatore Chiofalo, 30 anni, 12 anni di reclusione;
Carmelo D’Amico, 48 anni, 30 anni di reclusione;
Francesco D’Amico, 41 anni, 20 anni di reclusione;
Santo Gullo, 56 anni, 18 anni e 4 mesi di reclusione;
Franco Munafò, 34 anni, 17 anni e 8 mesi di reclusione;
Nunziato Siracusa, 49 anni, ex boss di Terme Vigliatore, 20 anni di reclusione.
L’OPERAZIONE
E’ scattata il 3 febbraio 2016 “Gotha VI”, la sesta operazione antimafia nel barcellonese (la prima avvenne il 24 giugno 2011), sotto il coordinamento della Dda di Messina ed eseguita dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Messina. Il blitz consentì di accertare mandanti ed esecutori materiali di 17 omicidi avvenuti tra il 1993 e il 2012 nel barcellonese e sino a Brolo. Il Comando Provinciale diffuse le immagini dell’operazione ma anche i fotogrammi e video degli omicidi commessi in provincia di Messina. Tra questi quello dell’imprenditore di Merì Giovanni Di Paola, ucciso a Brolo la sera del 6 ottobre 1995. Fondatore del Cep, azienda che produce calcestruzzi per il mercato pubblico e privato, Di Paola venne assassinato all’imbocco della A20 Messina-Palermo, qualche centinaio di metri dopo lo svincolo di Brolo che aveva appena imboccato provenendo da Capo d’Orlando dove si era recato per l’inaugurazione di un centro estetico in via Colombo. Di Paola viaggiava alla guida della sua auto con accanto la convivente che doveva gestire quel centro estetico poi chiuso e la baby-sitter. Poco prima che l’uomo potesse accelerare uscendo dallo svincolo di Brolo per immergersi sulla A20, venne fermato da un’auto dalla quale scese un uomo che, a colpi di pistola, fulminò la vittima designata e lasciando illese le due donne. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno portato agli arresti riuscirono a fare luce anche sulla morte di Mimmo Tramontana, ucciso a Calderà di Barcellona nella notte fra il 4 ed il 5 giugno 2001. L’ordinanza di custodia cautelare fu firmata dal Gip del tribunale di Messina Giovanni De Marco. Tra i tredici destinatari anche Giuseppe Gullotti, storico leader della mafia barcellonese ed altri esponenti di spicco del medesimo sodalizio criminale, per una serie di efferati omicidi commessi tra il 1993 ed il 2012. Angelo Caliri, di Barcellona, venne arrestato a Bruxelles in collaborazione con le autorità belghe, in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dal Gip De Marco. Le indagini, coordinate dall’allora Procuratore di Messina Guido Lo Forte (oggi in quiescenza) e dai sostituti procuratori Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, consentirono di fare luce su quindici omicidi (tra cui un triplice delitto) ed un tentato omicidio che, nell’arco di quasi un ventennio, contrassegnarono le dinamiche criminali della “famiglia barcellonese”, una delle espressioni più temibili ed organizzate della mafia in provincia, capace di mantenere rapporti qualificati con Cosa nostra palermitana e catanese e con la ‘ndrangheta calabrese. L’operazione costituì un ulteriore, importantissimo sviluppo dell’attività di contrasto condotta negli anni dai carabinieri del Ros e dal Comando Provinciale, sotto la guida della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, che ha portato alla progressiva disarticolazione del sodalizio mafioso barcellonese ed alla collaborazione con la giustizia di molti affiliati le cui dichiarazioni, tra l’altro, hanno dato un contributo essenziale alle indagini. Tra i destinatari della misura cautelare spiccano figure di primissimo piano della mafia del Longano, oltre al già citato Giuseppe Gullotti, detto l’ “avvocaticchio”, già condannato alla pena di 30 anni in quanto ritenuto il mandante dell’omicidio del giornalista barcellonese Giuseppe Alfano, ucciso a Barcellona Pozzo di Gotto l’8 gennaio 1993, anche alcuni suoi fedelissimi luogotenenti, come Salvatore “Sam” Di Salvo e Giovanni Rao, entrambi arrestati nel 2011 nell’ambito dell’operazione “Gotha” e condannati a pesanti pene detentive. Tra gli imputati anche Tindaro Calabrese, già tratto in arresto nell’operazione denominata “Vivaio” del 10 aprile 2008 e che dal 2006 aveva assunto la reggenza della consorteria barcellonese per il gruppo dei “Mazzarroti” di Mazzarrà Sant’Andrea. Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori e ad attività investigative di riscontro particolarmente accurate e complesse, fu possibile individuare gli autori e ricostruire moventi e modalità esecutive – talvolta estremamente feroci – di una serie impressionante di omicidi, che tratteggiano, con una lunga scia di sangue, un ventennio di storia della criminalità organizzata barcellonese e testimoniano le spietate logiche attuate per il ferreo controllo del territorio e per la risoluzione dei conflitti interni mediante l’eliminazione di sodali ritenuti scomodi o inaffidabili. Gli episodi delittuosi contestati nel corpo del provvedimento restrittivo sono i seguenti:
– Triplice omicidio di RAIMONDI Sergio, MARTINO Giuseppe e GERACI Giuseppe (Barcellona Pozzo di Gotto, 4 giugno 1993). L’azione sarebbe stata organizzata per punire le tre vittime, le quali sarebbero state solite commettere furti in territorio di Barcellona senza l’autorizzazione della criminalità organizzata locale;
– Omicidio di PELLERITI Domenico (Terme Vigliatore, 24 luglio 1993). Il PELLERITI sarebbe stato sospettato di una serie di furti ai danni di un esercizio di vendita di ceramiche e pertanto GULLOTTI Giuseppe, al tempo al vertice dell’organizzazione barcellonese, cui si era rivolto il derubato, avrebbe deciso di punire il presunto autore con la morte. Secondo la ricostruzione fornita dai collaboratori, la vittima avrebbe subito un violento interrogatorio per indurla a confessare il furto, al termine del quale il GULLOTTI avrebbe concesso un’ultima sigaretta prima di dare il via libera all’esecuzione dell’omicidio;
– Omicidio di DA CAMPO Salvatore (Terme Vigliatore, 2 febbraio 1995), sospettato di aver fornito ai carabinieri indicazioni sul nascondiglio di CALDERONE Antonino (all’epoca ricercato);
– Omicidio di GRASSO Carmelo (Falcone, 10 aprile 1995), ucciso perché si riteneva avesse avviato rapporti criminali con soggetti catanesi nella zona di Oliveri, con ciò sminuendo il prestigio e l’autorità della locale organizzazione mafiosa;
– Omicidio di IANNELLO Felice (Falcone, 5 marzo 1996). Si riteneva che la vittima spacciasse stupefacenti, anche a soggetti minorenni, nella zona di Barcellona senza autorizzazione del locale sodalizio mafioso;
– Omicidio di FICARRA Fortunato (Santa Lucia del Mela, 1 luglio 1998), ucciso perché avrebbe infastidito alcune donne all’interno di un esercizio commerciale locale;
– Omicidio di MILICI Mario (Barcellona Pozzo di Gotto, 19 agosto 1998), ucciso perché il vertice barcellonese gli imputava di trattenere per sé i proventi delle estorsioni e del gioco d’azzardo. L’agguato sarebbe iniziato presso una stalla nella disponibilità del MILICI il quale, benché ferito, sarebbe riuscito a fuggire a piedi per un breve tratto. Raggiunto e immobilizzato dagli assassini, veniva ripetutamente colpito con la canna del fucile fino a trapassargli il collo;
– Omicidio di SBOTO Antonino (Barcellona Pozzo di Gotto, 3 maggio 1999), ritenuto responsabile di alcuni furti non autorizzati dalla “famiglia barcellonese”, uno dei quali ai danni della sorella di un esponente del sodalizio. L’esecuzione dello SBOTO avvenne secondo una precisa e agghiacciante simbologia mafiosa: dopo l’esplosione di due colpi di pistola alla testa, gli vennero amputate entrambe le mani. Il cadavere fu fatto ritrovare il giorno dopo con una telefonata anonima ai carabinieri;
– Omicidio di CATALFAMO Giovanni (Barcellona Pozzo di Gotto, 29 settembre 1998). Il CATALFAMO sarebbe stato ucciso perché l’attività di usura a lui attribuita non era tollerata dall’organizzazione mafiosa barcellonese;
– Omicidio di DI PAOLA Giovanni (Brolo, 6 ottobre 1995). La vittima era sospettata di aver sottratto delle somme dalle casse di una società operante nel settore del calcestruzzo, sulla quale convergevano gli interessi di esponenti mafiosi barcellonesi;
– Omicidio di MAZZÙ Nunziato (Oliveri, 13 dicembre 2005), soppresso perché si temeva potesse aprirsi alla collaborazione con la giustizia;
– Omicidio di TRAMONTANA Domenico, detto Mimmo (Barcellona P.G., 4 giugno 2001). I vertici dell’organizzazione criminale barcellonese avrebbero saputo dell’intenzione del TRAMONTANA di voler eliminare BISOGNANO Carmelo, all’epoca organico alla famiglia mafiosa barcellonese nonché responsabile dell’area di Mazzarrà Sant’Andrea ed attualmente collaboratore di giustizia e ne avrebbero deciso l’uccisione;
– Omicidio di DE PASQUALE Carmelo (Barcellona Pozzo di Gotto, 15 gennaio 2009), ucciso perché si riteneva volesse, a sua volta, uccidere D’AMICO Carmelo (oggi pentito) al fine di prenderne il posto in seno al gruppo;
– Omicidio di ISGRÒ Giovanni (Barcellona Pozzo di Gotto, 1 dicembre 2012), che aveva militato nella fazione perdente facente capo a PERDICHIZZI Giovanni, a sua volta ucciso la sera di Capodanno del 2013 a Barcellona. Giovanni Isgrò, che era incensurato, venne freddato all’interno di una sala da barba. Il padre è ingegnere, la madre docente;
– Omicidio di MAZZA Carmelo (Olivarella, frazione di San Filippo del Mela, 27 marzo 2009), accusato di praticare attività estorsiva senza l’autorizzazione del gruppo. L’uccisione del MAZZA venne ripresa dalle telecamere della palestra dalla quale era appena uscito e testimonia l’estrema freddezza e le capacità militari del gruppo di fuoco impiegato nell’occasione: l’auto condotta dai killer affiancava la vettura (una mini car) della vittima che veniva raggiunta da un primo colpo di fucile. Perdeva, quindi, il controllo del mezzo e sfondava il cancello di recinzione della palestra, andando a schiantarsi sul muro. Qui veniva raggiunta dagli assassini che la finivano con diversi colpi d’arma da fuoco;
– Tentato omicidio di GIAMBÒ Carmelo (Barcellona Pozzo di Gotto, 3 marzo 2011). GIAMBÒ era accusato di trattenere per sé i proventi estorsivi raccolti per conto della famiglia ed inoltre si temeva che potesse iniziare a collaborare con gli inquirenti. Al termine di un concitato inseguimento per le vie cittadine, durante il quale i killer esplodevano numerosi colpi d’arma da fuoco all’indirizzo della vettura sulla quale viaggiava, il GIAMBÒ – tra i destinatari dell’ordinanza, poiché gravemente indiziato di due degli omicidi trattati – riusciva a mettersi in salvo presso la caserma della Compagnia dei carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto.
Giuseppe Lazzaro
Edited by, martedì 18 giugno 2019, ore 15,04.