Messina: Il duplice omicidio di Camaro, condannato a 20 anni Claudio Costantino

La Corte d’Assise di Messina, con il rito abbreviato, ha condannato a 20 anni di reclusione CLAUDIO COSTANTINO (foto in alto), reo confesso del duplice omicidio avvenuto al rione Camaro, a Messina, il 2 gennaio 2022 e dove morirono sul colpo GIOVANNI PORTOGALLO e, otto giorni dopo in ospedale, GIUSEPPE CANNAVO’. Il servizio sul link Cronaca…

La Corte d’Assise di Messina (presidente Massimiliano Micali, a latere Alessia Smedile), con il rito abbreviato, ha condannato a 20 anni di reclusione Claudio Costantino, reo confesso del duplice omicidio avvenuto a Messina, al rione Camaro, il 2 gennaio 2022. Il tutto dopo due anni di processo, caratterizzati da un acceso dibattito sulla versione dell’imputato che ha invocato la legittima difesa e l’accusa che non gli crede e aveva chiesto, nella requisitoria, la condanna all’ergastolo.

La Corte ha accolto la richiesta del rito abbreviato e, calcolando la riduzione della pena di un terzo, ha condannato l’unico imputato, il 37enne Costantino, a 20 anni di carcere. Escluse, quindi, le aggravanti contestate dall’accusa e non riconosciuta la legittima difesa invocata dai legali della difesa, prof. Carlo Taormina e avvocato Filippo Pagano. Riconosciuti i risarcimenti alle costituite parti civili, assistite dalle avvocatesse Angela Martelli e Cinzia Panebianco.

Costantino evita l’ergastolo, quindi, ma oltre a questa condanna a 20 anni ha sul groppone un’altra condanna, sempre a 20 anni, decisa in primo grado nel settembre scorso per il traffico di droga portato avanti durante la latitanza.

LA VICENDA

Il 2022 a Messina si aprì con il sangue. Nel pomeriggio del 2 gennaio, al rione Camaro, davanti casa di Claudio Costantino, un noto pregiudicato per reati di droga, gambizzato appena due mesi prima, giaceva moribondo il corpo di Giovanni Portogallo (foto sopra). Al pronto soccorso dell’ospedale Piemonte era invece arrivato ferito gravemente Giuseppe Cannavò, che morì otto giorni dopo.

Le due vittime, da sx: Giuseppe Cannavò e Giovanni Portogallo

Dentro casa di Costantino però non c’era nessuno. Le indagini si concentrarono subito sul fresco condannato, datosi alla latitanza ma rintracciato e catturato dalla Squadra Mobile di Messina il 9 aprile successivo in un covo a Rosarno, in Calabria. La moglie era invece tornata a casa qualche giorno dopo il duplice omicidio, raccontando di non avere notizie del marito e di non sapere nulla dell’accaduto perché in quei giorni non si trovava in casa. Una volta catturato Costantino ha sostenuto di avere sparato per legittima difesa, dicendo agli inquirenti che Cannavò e Portogallo fossero piombati armati in casa sua e di essere fuggito per timore di vendette. Una tesi che non ha mai convinto gli investigatori, coordinati dai sostituti procuratori di Messina Marco Accolla e Roberto Conte, che all’ultima udienza avevano chiesto la condanna all’ergastolo per omicidio premeditato.

Due gli elementi chiave emersi durante il processo: il video, estratto da una telecamera della zona, che inquadra le vittime arrivare nei pressi di casa di Costantino e, qualche secondo dopo gli spari, Cannavò allontanarsi in motorino con il “terzo uomo”, Bartolo Mussillo, già condannato per favoreggiamento. Poi la testimonianza di una parente dei due che ha detto in aula di averli sentiti parlare, il giorno prima della sparatoria, dell’appuntamento preso con Costantino, rimandato di un giorno.

              Giuseppe Lazzaro

Edited by, giovedì 12 dicembre 2024, ore 20,18. 

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