Catania, op. “Oleandro”: Usura, estorsioni, droga, riciclaggio. 15 arresti

Nel bar di Picanello il locale gruppo malavitoso riscuoteva le rate dell’usura: 15 arresti e 26 indagati in tutto anche per estorsioni, droga e riciclaggio. Sequestrati beni e società per 12 milioni di euro. Questo l’esito dell’operazione “OLEANDRO” eseguita dalla guardia di finanza del Comando provinciale di Catania. Il servizio sul link Sicilia News…

Operazione antimafia della guardia di finanza, denominata “Oleandro”, nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine. Gli indagati complessivamente sono 26 con 15 arrestati (14 in carcere, uno ai domiciliari). Oltre 120 finanzieri del Comando provinciale di Catania hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del capoluogo etneo, su richiesta della Dda di Catania, nei confronti di 15 indagati appartenenti alla famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, usura, traffico e spaccio di stupefacenti e riciclaggio di denaro. Sequestrate società, beni mobili e immobili e disponibilità finanziarie per oltre 12 milioni di euro.

GLI ARRESTATI

IN CARCERE:

ALECCI Antonino (detto “Nino”), nato a Catania il 12.10.1962; CARUSO Andrea, nato a Catania il 24.12.1981; COMIS Nunzio, nato a Catania il 25.09.1983; CONTI Giuseppe, nato a Catania il 07.04.1987; CUFFARI Michele Agatino, nato a Catania il 04.02.1991; DE LUCA Alessandro, nato a Catania il 14.03.1975, inteso “AIe”; GAMBADORO Giuseppe, nato a Catania il 15.10.1983; PAPA Fabrizio Giovanni, nato a Catania il 12.08.1966; RUSSO Giuseppe (detto “il giornalista” o “l’elegante”), nato a Catania il 27.07.1976; SALEMI Carmelo (detto “Melo”), nato a Catania l’ 1.01.1969; SANTONOCITO Biagio, nato a Catania il 27.10.1991; SANTONOCITO Corrado, nato a Catania il 05.08.1963; SGROI Alfio, nato a Catania il 25.11.1970; TROPEA Salvatore Alberto, nato a Catania il 07.04.1990.

AI DOMICILIARI:

PANEBIANCO Lorenzo Antonio, nato a Catania il 13.06.2000.

SOCIETÀ SOTTOPOSTE A SEQUESTRO:

1) KARMA IMMOBILIARE S.R.L. con sede in Catania, via Galati 124;

2) FABRI IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale in Catania, via Faraci nr. 15;

3) P.F. COSTRUZIONI SOC. COOP., con sede legale in Catania, via Faraci nr. 15;

4) P.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede legale in Catania, viale Lorenzo Bolano nr. 45;

5) B.F. COSTRUZIONI S.R.L., con sede in Catania in viale Lorenzo Bolano nr.45;

6) NUOVA EDILIZIA S.R.L., con sede legale in Catania, via De Caro nr. 88;

7) V.R.S. IMMOBILIARE S.R.L., con sede legale in Catania, via Galatioto nr.105/A;

8) IMMOBILIARE SANTA LUCIA S.R.L., con sede legale in Catania, via F. De Amicis nr. 4;

9) AL GARDEN SALEMI S.R.L.S., con sede legale in Catania, via del Rotolo n. 11.

Le indagini hanno preso avvio in seguito ad alcuni elementi emersi nel corso di un’altra operazione delle Fiamme Gialle denominata “Tuppetturu”. Durante un’intercettazione, infatti, alcuni esponenti del clan Cappello e Cintorino discutevano delle dinamiche tra i nuovi referenti del “gruppo di Picanello”, storica branca del clan Santapaola-Ercolano. Sarebbe emersa la figura di spicco di Carmelo Salemi, noto come “u ciuraru”, titolare di una rivendita di piante e fiori a Picanello. Sarebbe stato lui a riorganizzare il gruppo mafioso falcidiato nel tempo da numerosi arresti. Arrestato nel 2020, l’attenzione si è rivolta ai suoi possibili successori e, in particolare, a Giuseppe Russo, detto “il giornalista” o l’”elegante”, che avrebbe assunto la reggenza del clan. Per gli incontri con i sodali, Salemi e Russo si sarebbero serviti di una stalla a Picanello intestata a un familiare di Alfio Sgroi, braccio destro di Salemi. Del “gruppo di Picanello” avrebbero fatto parte anche Antonino Alecci, Andrea Caruso, Giuseppe Gambadoro, Fabrizio Giovanni Papa e Alfio Sgroi, ciascuno con ruoli ben definiti. In particolare, Alecci avrebbe rivestito una funzione primaria all’interno del clan, in quanto ritenuto uomo di fiducia del boss storico Giovanni Comis, reggente del gruppo di Picanello dal 2013 al gennaio 2017, quando è stato arrestato nell’ambito di altra indagine. Sarebbe stato inoltre il gestore di attività di gioco d’azzardo illegale nella zona di Picanello, i cui introiti sarebbero stati destinati al clan, nonché incaricato della raccolta dei soldi delle estorsioni, comprese quelle perpetrate a Natale e Pasqua, pur occupandosi personalmente e principalmente del traffico di droga per conto del clan. Caruso, Gambadoro e Sgroi si sarebbero occupati delle attività estorsive e usurarie e del traffico e spaccio di droga. Una delle attività più redditizie del sodalizio sarebbe stata l’erogazione di prestiti a tassi usurari, inseriti in un sistema più ampio di reinvestimento dei proventi provenienti dal traffico di droga, dalle estorsioni e dal gioco d’azzardo. Gli indagati avrebbero utilizzato metodi mafiosi per minacciare le vittime e garantirsi il pagamento delle rate di capitale e interessi. Sarebbe emerso un meccanismo collaudato con finanziamenti di piccoli tagli, di norma da 500 a 2.500 euro, da rimborsare in rate settimanali o mensili con un tasso di interesse oscillante tra il 140% e il 350% su base annua.

Uno dei protagonisti di queste attività sarebbe stato Nunzio Comis, figlio del boss Giovanni, che avrebbe utilizzato un telefono aziendale intestato fittiziamente a un’altra persona, facendosi chiamare “Melo” durante le conversazioni per evitare di essere identificato. Inoltre, avrebbe fatto uso di un noto bar di Picanello come punto di incontro per la riscossione delle rate da parte degli indebitati. Gli importi sarebbero stati consegnati a Lorenzo Antonio Panebianco, all’epoca dipendente del bar.

Dalle indagini sarebbe inoltre emersa l’esistenza di una cassa comune del sodalizio in cui far confluire i proventi delle attività illecite e da cui attingere per supportare economicamente gli affiliati detenuti o ex detenuti da poco usciti dal carcere e le relative famiglie, sostenendone pure le spese di viaggio in occasione delle trasferte per i colloqui, erogare gli stipendi, pagare gli onorari degli avvocati difensori degli affiliati, reinvestire in altre attività criminali. Vi sarebbe stata anche una contabilità – chiamata la “carta” – composta da appunti scritti recanti i creditori e debitori del sodalizio nonché i guadagni e le spese sostenute. Il riciclaggio dei proventi illeciti sarebbe stato infine assicurato da Fabrizio Giovanni Papa, imprenditore attivo nel settore dell’edilizia, ritenuto particolarmente legato al “gruppo di Picanello” e a Carmelo Salemi, al quale avrebbe messo a disposizione le proprie società per il riciclaggio di ingenti quantità di contanti provento delle attività criminali del clan.

Da La Sicilia web

Edited by, giovedì 18 gennaio 2024, ore 11,35. 

 

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