La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha disposto la restituzione dei beni confiscati, per un valore di 1,5 milioni di euro, a GIUSEPPE LO RE (foto in alto), detto Pino, 60 anni, di Caronia, imprenditore, coinvolto in numerosi procedimenti ma riportando anche diverse assoluzioni o annullamenti di condanna…
GIUSEPPE LAZZARO
La Corte d’Appello di Reggio Calabria (presidente Bruno Mascolo, a latere Caterina Asciutto e Antonino Giacobello) ha disposto la restituzione dei beni confiscati a Giuseppe Lo Re, detto Pino, 60 anni, di Caronia, imprenditore, coinvolto in numerosi procedimenti ma riportando anche diverse assoluzioni (vedi operazione “Barbarossa”) o annullamenti di condanna (vedi operazione “Concussio”). Un patrimonio, quello restituito a Lo Re, del valore di circa 1,5 milioni di euro e la stessa Corte d’Appello reggina ha anche rigettato la proposta della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Caronia.
Il tutto sulla scorta delle emergenze del procedimento dove, scrive la Corte d’Appello d’oltre Stretto, “non è possibile formulare un giudizio di pericolosità sociale nei confronti del proposto”. In merito c’era stato un rinvio della Cassazione nel 2018 in annullamento di una decisione della Corte d’Appello di Messina del luglio 2017. Secondo la Corte d’Appello di Reggio Calabria la presunta contiguità del Lo Re con i gruppi mafiosi di Caronia e Mistretta è molto datata e non più rapportata all’attualità e, in ogni caso, l’imprenditore da parecchi procedimenti ha registrato assoluzioni o archiviazioni ancora prima di andare a processo.
I fatti risalgono al 2015 quando il Tribunale Misure di Prevenzione di Messina dispose il sequestro a carico di Lo Re di tre società, due nel settore della vendita auto ed un nightclub. Furono inoltre sequestrati sette immobili a Caronia, rapporti finanziari e sei tra autocarri e auto. Il provvedimento scaturiva da un’attività di indagine condotta dalla sezione operativa della DIA di Messina. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina il Lo Re aveva accumulato il proprio patrimonio per i stretti rapporti con Sebastiano Rampulla, deceduto nel 2010, già rappresentante provinciale di Cosa nostra per la provincia di Messina e fratello di Maria e di Pietro, quest’ultimo era stato condannato all’ergastolo poiché ritenuto l’artificiere della strage di Capaci, per averne confezionato sia l’ordigno che il telecomando utilizzati nell’attentato che, il 23 maggio 1992, uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di polizia della scorta. I presunti rapporti di Pino Lo Re con la mafia erano stati raccontati anche da alcuni pentiti.
Edited by, mercoledì 8 giugno 2022, ore 11,58.