E’ ancora emergenza alla periferia di Capo d’Orlando e sono sempre chiuse le vie Torrente Forno e la Strada Provinciale 147 che porta dal centro al lido di San Gregorio (foto in alto la frana che ha rischiato di coinvolgere una minicar in transito) a seguito delle abbondanti piogge della scorsa settimana. Preoccupa la collina sottostante il Santuario di Maria Santissima e sino al tunnel per San Gregorio. Il parere del consigliere comunale SANDRO GAZIA. Il servizio…
E’ ancora emergenza alla periferia di Capo d’Orlando e sono sempre chiuse le vie Torrente Forno e la Strada Provinciale 147 che porta dal centro al lido di San Gregorio a seguito delle abbondanti piogge della scorsa settimana. A Torrente Forno fango e detriti avevano invaso la carreggiata, con il sottopassaggio ferroviario che si era completamente allagato e i lavori di ripristino sono ancora in corso.
A Villa Bagnoli la pioggia aveva allagato la stradella che conduce dal porto al lido ma la stessa si è asciugata ma il problema persistente resta la collina soprastante il Santuario di Maria Santissima con tutto il costone che arriva sino a poco prima del tunnel di San Gregorio.
Qui una frana aveva invaso la carreggiata mentre transitava una minicar ma i due occupanti sono rimasti illesi e il transito è chiuso.
“La realizzazione di opere ad alto impatto costruttivo su una collina, seppur nel rispetto delle normative vigenti, solleva interrogativi profondi sulla fragilità degli ecosistemi e sul valore della bellezza naturale – dice il consigliere comunale di minoranza del gruppo “CambiAmo Capo” Sandro Gazia -. Anche quando un progetto è tecnicamente ineccepibile (come gruppo di opposizione abbiamo verificato tutta la documentazione autorizzativa), la sua presenza modifica irrevocabilmente il paesaggio, alterando equilibri geologici, idrogeologici e visivi che si sono consolidati in secoli di lenta evoluzione. Una collina è un organismo vivente in costante dialogo con le forze naturali: il suo pendio trattiene la terra, le radici degli alberi ne consolidano la struttura, le acque piovane scorrono secondo tracciati millenari. Interventi invasivi, anche se regolamentati, possono accelerare fenomeni di erosione, destabilizzare il terreno o ridurre la biodiversità, con conseguenze a volte imprevedibili nel lungo termine. La sfida è trovare un punto di equilibrio tra sviluppo e conservazione, evitando sia la rigidità ideologica sia la miope deregolamentazione. Oltre alle analisi tecniche obbligatorie, sarebbe utile introdurre valutazioni qualitative sul paesaggio, coinvolgendo geologi, ecologi ma anche comunità locali e artisti, per capire come l’opera influenzerà l’identità del luogo. Adottare soluzioni progettuali che minino la morfologia naturale (terrazzamenti, tetti verdi, materiali mimetici) o compensino con interventi di ripristino ambientale in altre aree. Stabilire soglie di edificabilità più stringente per i territori fragili, anche se normativamente edificabili, privilegiando la qualità degli interventi rispetto alla quantità.
Coinvolgere i cittadini in processi decisionali trasparenti, per bilanciare le esigenze economiche con il desiderio di preservare il patrimonio naturale. Obbligare i promotori a verifiche periodiche su stabilità, drenaggio e impatto ecologico, con meccanismi di correzione se emergono criticità. Preservare una collina non significa rifiutare ogni cambiamento ma riconoscere che certi luoghi incarnano un valore che trascende l’utilità immediata. La loro tutela è un atto di responsabilità verso le generazioni future, che potranno godere non solo di infrastrutture efficienti, ma anche di un orizzonte capace di ispirare meraviglia”.
g.l.
Edited by, martedì 8 aprile 2025, ore 9,20.