Caccamo: L’omicidio di Roberta. La Cassazione conferma l’ergastolo per il fidanzato

Ricorso inammissibile. La Cassazione ha confermato per PIETRO MORREALE la pena dell’ergastolo e che diventa, quindi, definitivo. Il giovane è accusato di avere ucciso a Caccamo la fidanzata ROBERTA SIRAGUSA la notte tra il 23 e 24 gennaio del 2021 (foto in alto la coppia in un momento felice). L’imputato è stato accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere. Il servizio sul link Sicilia News…

Ricorso inammissibile. La Cassazione ha confermato per Pietro Morreale la pena dell’ergastolo. Il giovane di Caccamo è accusato di avere ucciso la fidanzata Roberta Siragusa la notte tra il 23 e 24 gennaio del 2021. L’imputato è stato accusato di omicidio aggravato e occultamento di cadavere.

La famiglia della vittima e il Comune di Caccamo si sono costituiti parte civile. Roberta, che aveva 17 anni, è morta bruciata viva nei pressi dello stadio di Caccamo.

Il femminicidio della diciassettenne risale al 2021 e il giovanissimo assassino, all’epoca diciannovenne, non aveva mai ammesso le proprie responsabilità, sostenendo che la ragazza si fosse suicidata. Morreale e Roberta erano fidanzati ma lui era geloso e sospettava un tradimento: lei avrebbe voluto lasciarlo ma temeva la sua reazione. Reazione che poi ci fu, inaspettata, quella tragica notte tra sabato e domenica, 23 e 24 gennaio di oltre tre anni fa.

Il condannato a vita non ha mai manifestato segni di ravvedimento. L’imputato, oggi ventiduenne, non merita alcuna attenuante, nemmeno quelle legate alla giovanissima età e all’incensuratezza: è uno dei passaggi evidenziati dai giudici di merito che, in questi tre anni e mezzo, hanno valutato la posizione di Pietro Morreale, dopo che la Prima sezione della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall’avvocato Gaetano Giunta.

Il delitto Siragusa maturò nella tarda serata-notte tra il 20 e il 21 gennaio 2021. Roberta non fece rientro a casa e i genitori e il fratello chiesero per prima cosa a Pietro Morreale, allora 19enne, che era uscito con lei quella sera. I due, dopo essere stati con amici, si erano allontanati ed erano rimasti soli. Morreale, che si presentò dai carabinieri con un avvocato, disse inizialmente di non sapere dove fosse la giovanissima fidanzata, per poi virare progressivamente, di fronte all’evidenza dei fatti, sulla incredibile versione del suicidio, resa dopo avere fatto ritrovare il cadavere. Alle pendici del Monte San Calogero, a Caccamo, la ragazza si sarebbe tolta la vita dandosi fuoco e gettandosi in un dirupo. L’esame autoptico smentì questa versione: lei, colpita con una pietra vicino al campo sportivo, venne portata semi incosciente e bruciata nei pressi di un dirupo dove poi fu ritrovata. Secondo la ricostruzione del medico legale, Roberta era viva quando venne bruciata. Nelle motivazioni delle due sentenze, di Corte d’Assise e d’Assise d’Appello, emesse entrambe a Palermo, è stato scritto che il giovane «ha freddamente preparato tutta la dinamica dell’omicidio, agendo con crudeltà». «Dopo avere sfigurato il volto di Roberta con violenza e con più azioni ripetute – aveva scritto il collegio di primo grado, presieduto da Vincenzo Terranova – le ha lanciato addosso la benzina e le ha dato fuoco, scegliendo un mezzo che non avrebbe potuto lasciare alla vittima margini di difesa e che, per altro, le ha provocato profonda angoscia e intensissimo dolore, che si sono protratti in una fase tra i due e i cinque minuti. L’imputato ha mostrato assoluta mancanza di qualsivoglia umanità».

Per i giudici dovevano essere escluse «le ipotesi di suicidio o accidente prospettate dalla difesa. E’ stata pienamente provata la forte gelosia e possessività dell’imputato nei confronti di Roberta Siragusa».

Dopo essere stata colpita più volte, la giovane venne distesa sul terreno nei pressi del campo sportivo di Caccamo. Poi sul suo corpo venne versata benzina e l’assassino appiccò le fiamme. Roberta, dopo i colpi ricevuti, avrebbe finto di essere morta per tentare di salvarsi, restando immobile a terra. Ma poi Morreale le versò addosso la benzina «senza che la ragazza avesse alcuna possibilità di fuggire». Quando è partito il rogo, «la ragazza si è portata istintivamente le mani al volto e, sotto la spinta del dolore provocato dalle fiamme, è riuscita nell’arco di circa due secondi ad alzarsi iniziando istintivamente a correre in preda ad una fortissima angoscia».

Una scena ripresa dalle telecamere di un locale vicino, poco dopo le 2 di notte: il video che faceva vedere la palla di fuoco in movimento venne mostrato in aula. Morreale non battè ciglio, mostrando quella profonda insensibilità che è stata alla base di ulteriori giudizi negativi nei suoi confronti. Poi il corpo fu caricato in auto e gettato in un dirupo in campagna. Alla fine Morreale sarebbe tornato a casa come se nulla fosse. I giudici avevano anche riconosciuto risarcimenti alle parti civili, tra le quali la famiglia della vittima, assistita dagli avvocati Giovanni Castronovo, Simona Maria La Verde, Sergio Burgio e Giuseppe Canzone, il Comune di Caccamo, rappresentato dall’avvocato Maria Beatrice Scimeca e alcune associazioni contro la violenza di genere.

                g.l.

Edited by, giovedì 11 luglio 2024, ore 8,07. 

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