Lunedì 20 gennaio Tortorici ha festeggiato il patrono, SAN SEBASTIANO MARTIRE, prima festa patronale sui Nebrodi del 2025 e festeggiato anche a Mistretta e a Barcellona Pozzo di Gotto. Il programma è stato allestito dall’Arciprete SIMONE CAMPANA e dal Comitato e con il patrocinio dell’Amministrazione comunale guidata dal sindaco CARMELO RIZZO NERVO. Impressionante la processione partita poco prima delle 12,30 e rientrata alle 19,50 (in alto il video del rientro in 4 minuti). Domenica prossima l’Ottava. Servizio, video, foto, quindi la storia di San Sebastiano…
GIUSEPPE LAZZARO
Una interminabile processione, avviata poco prima delle 12,30 e rientrata verso le 20, invece che alle previste 18. Un popolo vestito di bianco, i “Nudi”, donne e bambini, anziani e ragazzi, molti scalzi ai piedi in segno di devozione, ha così tributato l’omaggio al patrono di Tortorici, San Sebastiano Martire. L’attesa festa patronale, la prima del 2025 sui Nebrodi insieme a quella di Mistretta, è stata accompagnata anche da una splendida giornata di sole, in tarda serata il cielo si è annuvolato e sulla costa ha anche piovuto forte ma la prima festa era ormai conclusa: come sempre seguiranno l’Ottava domenica prossima, 26 gennaio e quella di primavera, la seconda domenica di maggio (quest’anno sarà l’11).
Nel giorno di San Sebastiano, insieme a San Fabiano segnato nel calendario ecclesiastico il 20 gennaio, la festa è iniziata con le Sante Messe celebrate alle 8, alle 9 e alle 10.
Quindi, alle 10,30, si è svolto il “Senato” con il sindaco Carmelo Rizzo Nervo che ha reso omaggio a San Sebastiano offrendo simbolicamente le Chiavi della Città di Tortorici.
Alle 11 è stata celebrata la Santa Messa solenne e, al termine, ben dopo le 12, ecco l’emozionante uscita per la processione del fercolo di San Sebastiano per le vie del paese con l’accompagnamento dei “Nudi”. Ad accompagnare la processione è stata la banda della locale Associazione Musicale “Carmelo Trusso”.
La processione (video in alto sul torrente Calagni) si è dilungata oltremisura, in particolare sulla via Garibaldi, quindi il rientro è avvenuto alle ore 19,50 (quasi due ore dopo il previsto) con San Sebastiano entrato nella chiesa di San Nicolò (dove il patrono rimarrà sino all’Ottava) e la celebrazione della Santa Messa per la conclusione della festa.
Straordinario lo spettacolo dei fuochi d’artificio a cura della ditta “Tumore” di San Filippo del Mela. Le luminarie sono state della ditta “Sicil impianti” di Fortunato Guerrera. La festa, come detto, riprenderà nel prossimo fine settimana con l’Ottava.
LA STORIA DI SAN SEBASTIANO
San Sebastiano (nato a Narbona nel 256, morto a Roma il 20 gennaio 288 a 32 anni) è stato un militare romano, martire per aver sostenuto la fede cristiana; venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica e dalla Chiesa Cristiana Ortodossa, è oggetto di un culto antico.
Il Santo visse quando l’Impero Romano era guidato da Diocleziano. Oriundo di Narbona ed educato a Milano, fu istruito nei principi della fede cristiana. Si recò poi a Roma, dove entrò a contatto con la cerchia militare alla diretta dipendenza degli imperatori. Divenuto alto ufficiale dell’esercito imperiale, fece presto carriera e divenne tribuno della prestigiosa Prima Corte pretoria, di stanza a Roma per la difesa dell’Imperatore. In questo contesto, forte del suo ruolo, poté sostenere i cristiani incarcerati, provvedere alla sepoltura dei martiri e diffondere il cristianesimo tra i funzionari e i militari di corte, approfittando della propria carica imperiale.
La Passio racconta che un giorno due giovani cristiani, Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino, furono arrestati su ordine del Prefetto Cromazio. Il padre fece appello a una dilazione di trenta giorni per il processo, per convincere i figli a desistere e sottrarsi alla condanna sacrificandosi agli dei. I fratelli erano ormai sul punto di cedere quando Sebastiano fece loro visita, persuadendoli a perseverare nella loro fede e a superare eroicamente la morte. Mentre dialogava con loro, il viso del tribuno fu irradiato da una luce miracolosa che lasciò esterrefatti i presenti, tra cui Zoe, la moglie di Nicostrato, capo della cancelleria imperiale, muta da sei anni. La donna si prostrò ai piedi del tribuno il quale, invocando la grazia divina, le pose le proprie mani sulle labbra e fece un segno di Croce, ridonandole la voce.
Il prodigio di Sebastiano portò alla conversione un nutrito numero di presenti: Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio, Tranquillino, il praefectus urbis Agrezio Cromazio e suo figlio Tiburzio, Castulo e Marzia. Cromazio rinunciò alla propria carica di Prefetto e si ritirò con altri cristiani convertiti in una sua villa in Campania. Il figlio invece rimase a Roma dove patì il martirio; poi, uno a uno, anche gli altri neo cristiani morirono per aver abbracciato la nuova religione: Marco e Marcelliano finirono trafitti da lance, il loro padre Tranquillino lapidato, Zoe sospesa per i capelli a un albero e arsa viva.
Quando Diocleziano, che aveva in profondo odio i fedeli a Cristo, scoprì che Sebastiano era cristiano, esclamò: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me”. Sebastiano fu quindi da lui condannato a morte. Fu legato ad un palo in un sito del colle Palatino, denudato, e trafitto da così tante frecce in ogni parte del corpo da sembrare un istrice. I soldati, al vederlo morente e perforato dai dardi, lo credettero morto e lo abbandonarono sul luogo affinché le sue carni cibassero le bestie selvatiche; ma non lo era, e Santa Irene di Roma, che andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, si accorse che il soldato era ancora vivo, per cui lo trasportò nella sua dimora sul Palatino e prese a curarlo dalle molte ferite con pia dedizione. Sebastiano, prodigiosamente sanato, nonostante i suoi amici gli consigliassero di abbandonare la città, decise di proclamare la sua fede al cospetto dell’Imperatore che gli aveva inflitto il supplizio. Il Santo raggiunse coraggiosamente Diocleziano e il suo associato Massimiano, che presiedevano alle funzioni nel tempio eretto da Eliogabalo, in onore del Sole Invitto, poi dedicato a Ercole, e li rimproverò per le persecuzioni contro i cristiani. Sorpreso alla vista del suo soldato ancora vivo, Diocleziano diede freddamente ordine che Sebastiano fosse flagellato a morte, castigo che fu eseguito nell’ippodromo del Palatino, per poi gettarne il corpo nella Cloaca Maxima. Nella sua corsa verso il fiume Tevere il corpo si impigliò nei pressi della chiesa di San Giorgio al Velabro, dove fu raccolto dalla matrona Lucina che lo trasportò sino alle catacombe sulla via Appia e ivi lo seppellì.
La salma venne recuperata da mani pietose e sepolta nelle catacombe dette “di San Sebastiano”. San Sebastiano sarebbe stato martirizzato sui gradus Helagabali, ovvero i gradini di Elagabalo. In quello stesso luogo venne eretta una chiesa in suo nome.
San Sebastiano è invocato come patrono delle Confraternite di Misericordia italiane, poiché si rileva in lui l’aspetto del soccorritore che interviene in favore dei martirizzati, dei sofferenti. San Sebastiano è anche patrono degli agenti di Polizia Locale e dei loro comandanti, ufficiali e sottufficiali. Storicamente, a seguito dei Patti Lateranensi firmati nel 1929 da Papa Pio XII con il regime fascista, divenne patrono della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Insieme a San Rocco viene invocato e raffigurato a protezione contro la peste, sia in pale d’altare, sia in affreschi nei cimiteri, sia nella dedicazione di numerose chiese. Questo perché l’agiografia sostiene che San Sebastiano sopravvisse alle frecce (morì infatti successivamente, per fustigazione), facendone così delle immagini di salvati da una morte che generava piaghe o ferite, analoga alla peste.
Edited by, martedì 21 gennaio 2025, ore 17,07.