Capo d’Orlando: Botte da orbi tra ex coniugi. La Cassazione annulla con rinvio, si torna in appello

Ennesimo colpo di scena nella vicenda processuale che vede protagonisti due ex coniugi di Capo d’Orlando, P.M.. 52 anni e A.P., 51 anni. La Cassazione ha disposto l’annullamento della sentenza con la quale la Seconda sezione penale della Corte d’Appello di Messina aveva mandato assolto l’imputato A.P. perché il fatto non sussiste per il reato di maltrattamenti e dichiarando non luogo a procedere per quello di lesioni per la tardività della querela, conseguenza della sentenza assolutoria per il reato più grave. Sentenza annullata con rinvio e si tornerà in Corte d’Appello a Messina. Accolta dagli “ermellini” la richiesta della parte civile, A.P., assistita dall’avvocato WALTER MANGANO (foto in alto). Il servizio…

Ennesimo colpo di scena nella vicenda processuale che vede protagonisti due ex coniugi di Capo d’Orlando, P.M.. 52 anni e A.P., 51 anni, approdata nei giorni scorsi in Cassazione: i giudici di legittimità hanno azzerato la situazione con l’annullamento della sentenza con la quale la Seconda sezione penale della Corte d’Appello di Messina (relatore dottoressa Arena) aveva mandato assolto l’imputato A.P. perché il fatto non sussiste per il reato di maltrattamenti e dichiarando non luogo a procedere per quello di lesioni per la tardività della querela, conseguenza della sentenza assolutoria per il reato più grave.

In primo grado l’imputato era stato condannato dal giudice monocratico del Tribunale di Patti, Edoardop Zantedeschi, per entrambi i reati ascritti, alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno patito dalla parte civile liquidato in 15.000 euro, nonché alle spese giudiziali sempre in favore della parte civile.

I giudici della Sesta sezione della Corte di Cassazione hanno, quindi, accolto il ricorso presentato dal difensore della parte civile, avvocato Walter Mangano, il quale ha dedotto la violazione nella sentenza impugnata dell’art. 606 lett. b) e lett. e) c.p.p., vale a dire erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione risultante sia dal testo del provvedimento impugnato che da altri atti del processo. In particolare l’avvocato Mangano ha rilevato che la Corte d’Appello di Messina nel riformare la sentenza di primo grado ha tenuto conto esclusivamente dei messaggi scambiati tra l’imputato e la figlia della persona offesa che, a suo dire, sarebbero incomputabili con gli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti, finendo per obliterare immotivatamente sia le dichiarazioni della persona offesa che quelle di altri testi pienamente convergenti con quelle di quest’ultima. La Corte territoriale ha pure obliterato di confrontarsi con le dichiarazioni rese dalla teste V.C. in sede di esame testimoniale dibattimentale, non perfettamente coerenti col tenore della messaggistica intercorsa con l’imputato, e soprattutto ha pretermesso le dichiarazioni parzialmente ammissive rese dall’imputato ed evidenziate dal giudice di prime cure nel motivare la credibilità della persona offesa e degli ulteriori testimoni assunti.

Sulla stessa lunghezza d’onda del patrono di parte civile il sostituto procuratore generale della Cassazione Simone Perelli il quale ha così motivato, nella sua requisitoria scritta, la richiesta di annullamento della decisione ai soli effetti civili, con rinvio della causa al giudice civile competente in grado di appello: “Nel motivare la pronuncia assolutoria la Corte peloritana non si è confrontata con tutti gli elementi di prova acquisiti nel corso dell’istruzione dibattimentale e, soprattutto, non ha fornito adeguata e persuasiva motivazione in ordine al fatto che il tenore dei messaggi scambiati con l’imputato da V.C. dovessero, per ciò solo, privare di credibilità le dichiarazioni rese dalla persona offesa dalla stessa V.C. e dagli altri testimoni oculari escussi. Soprattutto, la Corte territoriale non ha spiegato perché il tenore di quei messaggi (alcuni dei quali facevano espresso riferimento ad atteggiamenti di violenza ovvero di arroganza messi in atto dall’imputato) non potesse risultare compatibile con le dichiarazioni rese nel corso dell’esame dibattimentale dalla stessa testimone V.C.

L’evidente illogicità e contraddittorietà delle motivazioni della sentenza impugnata impone, pertanto, – chiosa il pg – di concludere per l’annullamento della decisione ai soli effetti civili”.

L’imputato, che è stato difeso dall’avvocato Giuseppe Tortora, è chiamato a rispondere dei reati di maltrattamenti perché: “malmenando, ingiuriando e minacciando ripetutamente la di lui moglie M.P., in particolare offendendola con espressioni tra le quali «stronza, ignorante, cretina, non sei in grado di fare la donna a differenza di mia madre, brutta schifosa, maledetta, vaffanculo», minacciandola anche di morte nonché che l’avrebbe bruciata viva insieme alla famiglia di lei e che «l’avrebbe schiacciata con le sue mani»; percuotendola in diverse occasioni con calci, schiaffi e pugni in varie parti del corpo, cagionandole traumi e lesioni (tra cui quella descritta al capo che segue), molestandola anche in orario notturno, con ripetuti messaggi contenenti ingiurie e minacce, infliggeva alla predetta sofferenze fisiche e morali tali da rendere per quest’ultima abitualmente dolorosa, mortificante ed intollerabile la relazione col predetto, cagionandole uno stato di ansia e di paura ed ingenerandole un fondato timore per l’incolumità della stessa e del figlio della coppia”; e di lesioni aggravate: “perché colpendo con un calcio alla mano M.P., provocava alla predetta lesioni personali consistite in «lussazione ridotta» al quarto dito della mano sinistra, con terapia da seguire per una prognosi di cinque giorni (come da certificato medico del pronto soccorso del presidio ospedaliero di Sant’Agata di Militello del 4 maggio 2015)”.

Il processo riprenderà adesso innanzi ai giudici della Corte d’Appello di Messina – sezione civile, i quali dovranno riesaminare il materiale probatorio acquisito in primo grado, alla stregua dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione nella sua sentenza di annullamento, per poi procedere alla quantificazione del danno se dovesse trovare conferma la responsabilità dell’imputato per i fatti contestati, già riconosciuta in primo grado.

            Giuseppe Lazzaro

Edited by, giovedì 21 dicembre 2023, ore 18,30. 

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