Barcellona P.G.: Figli adottivi maltrattati e segregati. Arrestati i genitori, devono scontare 4 anni (lei) e 3 anni e 10 mesi (lui)

Lei condannata a 4 anni, lui a 3 anni e 10 mesi: decisione definitiva che li ha fatti finire in carcere per un ordine di carcerazione eseguito dai carabinieri della Compagnia di Barcellona (foto in alto la caserma). Si tratta dei genitori di tre figli adottati su due dei quali, secondo l’accusa, sarebbero stati commessi maltrattamenti e segregazioni. La vicenda, dal 2016 al 2020, sarebbe avvenuto in uno dei comuni della cintura barcellonese. Il servizio…

Marito e moglie, rispettivamente di 46 e 41 anni, residenti in uno dei comuni collinari dell’hinterland di Barcellona, sono stati entrambi arrestati, in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dal Gip del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, dai carabinieri della Compagnia di Barcellona. Dovranno scontare pene definitive, la donna a 4 anni di reclusione e il marito a 3 anni e 10 mesi (pene ridotte di un terzo per la scelta del rito abbreviato), oltre ad una serie di interdizioni. Sono stati riconosciuti entrambi colpevoli di una serie infinita di maltrattamenti e persino di numerosi episodi di sequestro di persona, fatti commessi dal 2016 al giugno 2020, ai danni di due dei tre figli adottati, un maschio e una femmina, all’epoca dei fatti ancora minorenni che, secondo l’accusa, venivano con cadenza quotidiana maltrattati e persino segregati, rinchiusi per interminabili ore in una intercapedine ricavata tra una porta persiana e gli infissi di una veranda. I pasti frugali venivano serviti in piatti di plastica riposti sul pavimento della stessa veranda. La cameretta di fratello e sorella dotata di telecamere puntate sul letto a castello che video registravano tutti i movimenti dei ragazzi. Altri ambienti della stessa casa in cui oltre ai genitori viveva una terza sorella, tenuta lontana da fratello e sorella maltrattati, monitorati da telecamere.

La stessa madre adottiva, durante il sequestro delle apparecchiature, alla domanda posta da un carabiniere che chiedeva perché fosse stato installato un lucchetto che chiudeva a chiave la persiana dell’intercapedine di cui aveva raccontato la ragazzina, candidamente ammetteva che «tutto quello che aveva riferito in caserma la figlia più piccola corrispondeva a verità». E che lei stessa effettivamente «chiudeva per ore la figlia dentro l’intercapedine tra la porta-finestra e la persiana» a suo dire come “punizione”. I carabinieri sono venuti a conoscenza dei fatti per le fughe che prima fratello e poi la sorella avevano fatto da quella casa.

          g.l.

Edited by, mercoledì 10 maggio 2023, ore 10,21. 

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