I carabinieri di Agrigento e del Ros (Raggruppamento operativo speciale) di Palermo hanno eseguito all’alba 10 misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Dda. L’operazione antimafia fra Licata, Palma di Montechiaro, Canicattì e tutta la parte orientale dell’agrigentino è stata denominata “Condor” e ha portato alla luce gli appartenenti a un’associazione a delinquere di tipo mafioso dedita al traffico di sostanze stupefacenti, a estorsioni ai danni di imprenditori e a danneggiamenti a mezzo incendio. Oltre 100 i carabinieri di Agrigento e del Ros in azione, supportati dai colleghi di Palermo, Trapani, Caltanissetta, Enna e dallo Squadrone Eliportato “Cacciatori di Sicilia”. Eseguite anche 23 perquisizioni personali e locali (di cui 3 in carcere) nei confronti dei destinatari delle misure.
I NUOVI ASSETTI – I provvedimenti disposti dal Gip sono 5 misure cautelari in carcere, 4 ai domiciliari e un obbligo di dimora. Gli indiziati devono rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo, hanno consentito di acquisire un compendio investigativo sugli assetti mafiosi nel territorio di Favara e quello di Palma di Montechiaro, quest’ultimo caratterizzato – come accertato da sentenze definitive – dalla convivenza dell’articolazione territoriale di Cosa nostra e di formazioni criminali denominate “paracchi” sul modello della Stidda. In questo contesto i carabinieri hanno raccolto indizi sul tentativo di uno degli indagati di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, ossia su Favara e sul Villaggio Mosè di Agrigento; sul ruolo di “garante” esercitato dal vertice della famiglia di Palma di Montechiaro a favore di un esponente della Stidda, al cospetto dell’allora reggente del mandamento di Canicattì. Raccolti indizi sul controllo delle attività economiche nel territorio di Palma di Montechiaro, con riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le cosiddette sensalie); di “messe a posto” a Favara e danneggiamenti a mezzo incendio.
GLI ARRESTATI – Gli arrestati in carcere dell’operazione antimafia “Condor” sono:
Nicola Ribisi, 42 anni, disoccupato di Palma di Montechiaro; Domenico Lombardo, 30 anni, commerciante di Agrigento; Giuseppe Chiazza, 51 anni, disoccupato di Palma di Montechiaro; Giuseppe Sicilia, 44 anni, di Favara, già detenuto nel carcere di Novara; Baldo Carapezza, 27 anni, operaio di Palma di Montechiaro.
I domiciliari sono stati disposti dal Gip per Ignazio Sicilia, 47 anni, manovale di Favara; Salvatore Galvano, 52 anni, manovale di Agrigento; Francesco Centineo, 38 anni, disoccupato, residente a Palermo e Giovanni Gibaldi, 35 anni, di Licata.
Molti sono delle vecchie conoscenze, già rimasti coinvolti in precedenti inchieste antimafia, delle forze dell’ordine. Obbligo di dimora nel comune di residenza e obbligo giornaliero di presentazione negli uffici di polizia giudiziaria infine per Luigi Montana, 51 anni, di Ravanusa.
RAPPORTI CON LA ‘NDRINA – A carico di alcuni degli indagati sono stati acquisiti gravi indizi sull’interferenza esercitata da Cosa nostra sul lucroso settore economico delle transazioni per la vendita di uva e la progressiva ingerenza in questo comparto da parte della Stidda. In tale ambito sono emersi rapporti del vertice della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro con la ‘Ndrina calabrese dei Barbaro di Platì. L’inchiesta ha portato alla luce anche il controllo illecito di una grossa parte del settore imprenditoriale delle slot machines e degli apparecchi da gioco installati nei locali commerciali; nonché le estorsioni in danno di un imprenditore costretto ad astenersi dalla partecipazione a un’asta giudiziaria finalizzata alla vendita di alcuni terreni; la tentata estorsione in danno di un altro imprenditore del settore della distribuzione e gestione di congegni e apparecchi elettronici; la gestione di un impianto di pesatura dell’uva, i cui proventi sarebbero stati in parte destinati al mantenimento dei detenuti. Ed ancora è stata ricostruita l’estorsione – consistita nell’imposizione dell’assunzione di uno degli stessi indagati – ai danni di un’impresa aggiudicataria di lavori a Ravanusa e l’incendio ai danni del titolare di un’autodemolizione con deposito giudiziario.
IL PRECEDENTE BLITZ “XYDI” – L’inchiesta “Condor” scaturisce dalle convergenze investigative del blitz “Xydi” del 2 febbraio 2021. Allora, i carabinieri del Ros – che strinsero il cerchio sull’ultima rete di fiancheggiatori del boss latitante di Castelvetrano Matteo Messina Denaro – eseguirono 23 fermi di indiziato di delitto emessi dalla Dda di Palermo. Fra gli arrestati di allora anche due poliziotti e la penalista, mancata collaboratrice di giustizia, avvocato Angela Porcello, che avrebbe trasformato il suo studio legale di Canicattì nel quartier generale del mandamento di Cosa nostra veicolando all’esterno i messaggi del boss Giuseppe Falsone. Lo scorso 6 dicembre (come è visibile in archivio sul link SICILIA NEWS ndr), il Gup del Tribunale di Palermo, Paolo Magro, si è pronunciato sugli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. Fra gli altri è stata condannata a 15 anni e 4 mesi di reclusione proprio l’ex penalista Angela Porcello, cancellata dall’Albo degli Avvocati dopo l’arresto nell’ambito delloperazione “Xydi”. Venti anni vennero inflitti, invece, all’imprenditore mafioso Giancarlo Buggea, di Campobello di Licata, ex compagno di Angela Porcello. In tutto furono 15 le condanne e 5 le assoluzioni.
Giuseppe Lazzaro
Edited by, mercoledì 11 gennaio 2023, ore 9,20.