GIUSEPPE LAZZARO
Un duro colpo alla famiglia di Cosa nostra è stato inflitto dai carabinieri del Comando provinciale di Catania: 35 affiliati dislocati tra Catania, Prato, L’Aquila, Enna, Perugia, Vibo Valentia, Palermo, Benevento, Siracusa e Avellino sono indagati nell’ambito dell’operazione ribattezzata “Sangue blu” (foto in alto il cartellone con gli arrestati).
L’operazione, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia etnea ed eseguita alle prime luci dell’alba, ha portato all’arresto anche dell’attuale responsabile provinciale della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. Dall’indagine sono emersi un vasto giro di estorsioni ai danni di imprenditori catanesi, un fiorente traffico di stupefacenti, il recupero crediti attraverso prestiti ad usura e l’intestazione fittizia di attività economiche. I proventi delle attività illecite venivano utilizzati sia per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, sia reinvestiti in altre attività imprenditoriali infiltrando il tessuto economico catanese. Sequestrati beni per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro. Nell’operazione sono impegnati 250 carabinieri del Comando provinciale etneo.
Il Gip del Tribunale di Catania ha firmato 35 arresti, di cui 26 in carcere e 9 ai domiciliari, per altrettanti soggetti gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi e munizioni e trasferimento fraudolento di beni, aggravati dal metodo mafioso. L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e condotta dai militari del Nucleo investigativo dal settembre 2018 al dicembre 2020, attraverso attività tecniche e sul territorio, ulteriormente riscontrate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e da indagini patrimoniali, ha consentito di monitorare le evoluzioni delle dinamiche associative della famiglia di Cosa Nostra catanese ed in particolare del clan Santapaola-Ercolano, individuandone, allo stato degli atti, l’attuale «responsabile provinciale» in Francesco Tancredi Maria Napoli, nipote di Salvatore Ferrera detto “Cavadduzzo” e legato da vincoli di sangue allo storico capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola (atteso che Ferrera Salvatore, era coniugato con una delle sorelle D’Emanuele, zia di Santapaola). Nell’attuale fase del procedimento, in cui non è stato ancora instaurato il contraddittorio tra le parti, le attività tecniche hanno disvelato come – già in prossimità della scarcerazione del Napoli, avvenuta il 6 settembre 2019, dopo oltre 13 anni continuativi di detenzione – lo stesso sarebbe stato investito della carica di rappresentante di Cosa Nostra catanese da elementi di vertice della «famiglia». Tale elemento è stato confermato dalle recenti dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Silvio Corra e Salvatore Scavone. Peraltro, già in precedenza, diversi collaboratori, tra cui Santo La Causa, lo avevano indicato quale uomo d’onore «riservato». Sempre allo stato degli atti, le investigazioni hanno altresì fatto emergere come Napoli, nella gestione quotidiana delle attività illecite del sodalizio, aveva costantemente adottato delle cautele estreme, volte ad evitare che le sue conversazioni potessero essere ascoltate dalle forze dell’ordine, come l’utilizzo di una rete telefonica riservata, costituita da utenze intestate ad ignari cittadini extracomunitari, frequentemente sostituite. Parimenti, la trattazione delle varie questioni di interesse del clan sarebbe sempre stata rimandata ad incontri in presenza, fissati senza alcun riferimento specifico al luogo ma indicati attraverso «nomi in codice», durante i quali avrebbe vietato ai suoi interlocutori di tenere al seguito i cellulari. In tale contesto avrebbero altresì rivestito un ruolo di particolare rilievo le figure di Cristian Buffardeci e di Domenico Colombo.
Buffardeci, in qualità di «braccio destro» del Napoli, gli avrebbe consentito di evitare un’esposizione diretta nella gestione degli affari illeciti della «famiglia», in particolare nei contatti con soggetti pregiudicati e nell’organizzazione degli appuntamenti. Il suo pieno coinvolgimento all’interno dell’associazione mafiosa sarebbe inoltre confermata dalla circostanza che, in diverse occasioni e su incarico di Napoli, avrebbe preso parte in sua vece a delicati incontri con soggetti di vertice di altre organizzazioni criminali. Per quanto concerne invece Domenico Colombo sarebbero emersi sia gli stretti legami con personaggi di vertice dell’associazione, tra cui in particolare Vincenzo Sapia, Salvatore Rinaldi, Carmelo Renna e Francesco Santapaola (classe 1979), sia il suo ruolo nella gestione delle attività estorsive e di recupero crediti nei confronti di soggetti che ritardavano nel pagamento dei debiti raccogliendo, in particolare, le somme destinate alla famiglia di Francesco Santapaola. L’attività investigativa avrebbe inoltre documentato i «reati fine», strumentali al sostentamento dell’associazione mafiosa, tra i quali si pongono in evidenza le diverse estorsioni ai danni di imprenditori catanesi, un fiorente traffico di cocaina e marijuana, gestito direttamente da Gabriele Santapaola e dai fratelli Giuseppe e Antonino (figli di Santapaola Salvatore, inteso «Turi Colluccio»), il recupero crediti attraverso prestiti ad usura e l’acquisizione, diretta o indiretta, della gestione e del controllo di attività economiche.
Per quanto riguarda invece le attività estorsive della «famiglia», le indagini avrebbero documentato 6 estorsioni ai danni di imprenditori dei settori dei servizi per la logistica, delle attività turistico-ricreative e del commercio all’ingrosso e al dettaglio, corroborate anche dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e da soggetti informati sui fatti, che sarebbero state consumate dal sodalizio criminale per fare fronte alla mancanza di fondi per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti. Al riguardo, circa il «modus operandi» delle richieste estorsive, va sottolineato come le stesse sarebbero state eseguite da soggetti notoriamente inseriti nel sodalizio e, quindi, immediatamente percepite dalle vittime come provenienti da Cosa Nostra. In un caso la richiesta estorsiva si è manifestata nella collocazione di una bottiglia incendiaria all’esterno di un noto stabilimento balneare in località Playa, accompagnata da un pizzino con la scritta «200 mila euro o ti cerchi l’amico 2 giorni di tempo». Una delle condotte estorsive è stata invece interrotta in flagranza dai carabinieri, che durante l’attività investigativa sono riusciti a trarre in arresto un soggetto intraneo alla «famiglia», bloccato appena dopo aver prelevato poco più di 1.000 euro da un imprenditore catanese il quale, dopo un’iniziale reticenza, ha riferito di essere stato vittima di pressanti richieste già da diverso tempo.
Tra le risultanze dell’indagine emergono inoltre con particolare rilevanza i sequestri preventivi delle società «Citymotor s.r.l.», salone multimarca di automobili sito nel Comune di San Gregorio di Catania e «Vinissimo s.r.l.», enoteca con sede a Catania, affidate ad un amministratore giudiziario, unitamente ai conti correnti ad esse intestati e a tutti i beni aziendali registrati, sia mobili che immobili. In particolare, per quanto concerne la «Citymotor s.r.l.», già emersa nell’indagine «Fiori bianchi», sarebbe emersa l’attribuzione fittizia della società a un prestanome, ma in realtà riconducibile all’indagato Michele Monaco, per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e sottrarre il patrimonio societario ad eventuali provvedimenti ablatori reali.
Riguardo invece alla società «Vinissimo s.r.l» dal quadro probatorio raccolto ed in particolare in ragione di alcune conversazioni intercettate, è emerso come la stessa sarebbe stata gestita in maniera occulta da Francesco Napoli e dal cugino Francesco Ferrera. Questi ultimi infatti, dal marzo 2020, avrebbero avviato l’attività commerciale, attribuendone la titolarità ad un prestanome in modo tale che fosse immune da eventuali provvedimenti ablatori. L’ipotesi investigativa prospettata dalla Procura distrettuale è stata condivisa dal Gip che ha emesso le misure cautelari.
GLI ARRESTATI
BONAVENTURA Carmelo, nato a Catania il 25.9.1962;
BUFFARDECI Cristian, nato a Catania il 13.5.1976;
CASERTA Francesco, nato a Catania il 19.6.1971;
CASTORINA Angelo Antonino, nato a Catania il 4.1.1991;
COLOMBO Domenico, nato a Catania il 15.4.1976;
DI MAURO Salvatore, nato a Catania il 25.8.1965;
FALLICA Carmelo Cristian, nato a Wickede (Germania) 28.10.1985;
MAGRI’ Orazio, nato a Catania il 15.5.1971;
MARGHELLA Mario, nato a Catania il 20.7.1970;
MUSCARÀ Corrado Gabriel, nato a Catania il 13.09.1996;
NAPOLI Francesco Tancredi Maria, nato a Catania il 10.4.1976;
OCCHIPINTI Angelo, nato a Catania il 19.2.1974;
PAPPALARDO Giuseppe, nato a San Giovanni La Punta (CT) il 22.1.1967;
PINO Vincenzo, nato a Catania il 02.10.1998;
PLATANIA Francesco, nato a Catania il 2.4.1968;
RACITI Carmelo, nato a Catania il 15.6.1982;
SANTAPAOLA Antonino, nato a Catania il 20.4.1984;
SANTAPAOLA Francesco, nato a Catania il 1.12.1979;
SANTAPAOLA Gabriele, nato a Catania il 20.4.1984,
SANTAPAOLA Giuseppe, nato a Catania il 29.12.1981;
SAPIA Vincenzo, nato a Catania il 31.01.1966;
SCALETTA Giuseppe, nato a Catania il 27.9.1966;
SCHILLACI Lorenzo Michele, nato a Troina (EN) il 25.4.1968;
SORTINO Gaetano, nato a Catania il 7.8.1965;
TRINGALE Gaetano, nato a Catania il 13.11.1961;
ZAPPALÀ Daniele Carmelo, nato a Catania il 8.2.1966.
ARRESTI DOMICILIARI
BARBERO Eugenio Dante, nato a Catania il 28.7.1974;
BRUNO Barbaro, nato a Sidney (Australia) il 5.4.1971;
DI SALVATORE Massimo, nato a Catania il 26.11.1972;
FERRERA Francesco, nato a Catania il 22.12.1964;
LOMBARDO Rosario, nato a Catania il 26.8.1968;
LOMONACO Salvatore Daniele, nato a Taormina (ME) il 12.6.1982;
SCIRÈ Simone, nato a Catania il 18.10.1989;
TURRISI Giuseppe, nato a Francavilla di Sicilia (ME) il 8.7.1973;
ZAMMATARO Gerardo nato a Piedimonte Etneo il 15.12.1975.
Edited by, mercoledì 28 settembre 2022, ore 12,13.