L’acrilammide è una sostanza utilizzata in diversi processi industriali e contenuta nel fumo di tabacco ma si può formare anche nella cottura di alimenti che contengono amido come patate, biscotti e pane ma solo se cotti ad alte temperature. Questo l’interessante tema della settimanale puntata della rubrica “Salute&Benessere” a cura della dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova…
L’acrilammide è una sostanza utilizzata in diversi processi industriali e contenuta nel fumo di tabacco ma si può formare anche nella cottura di alimenti che contengono amido come patate, biscotti e pane ma solo se cotti ad alte temperature.
L’acrilammide, infatti, è il risultato della reazione tra alcuni zuccheri e l’aminoacido asparagina, entrambi contenuti negli alimenti, in seguito a cotture molto alte, che in casa si possono raggiungere con la frittura, in forno o con la griglia per periodi prolungati.
Risale al 2002 il primo studio che dimostra come la cottura dei cibi sia in grado di generare acrilammide. Quantità modeste di questa sostanza si sviluppano anche nella cottura o tostatura di cereali, patate o caffè a temperature elevate.
Per precauzione, quindi, i grandi produttori di cereali tostati tipo corn flakes o chips, hanno ridotto la temperatura di preparazione onde evitarne lo sviluppo.
Ovviamente, ciò non è possibile con le preparazioni casalinghe, per esempio le patate fritte, a meno di utilizzare una friggitrice a temperatura controllata.
Una volta ingerito, l’acrilammide viene assorbito dall’intestino, distribuito a tutti gli organi e metabolizzato principalmente in glicidammide.
Gli animali di laboratorio esposti all’acrilammide per via orale presentano una maggiore probabilità di sviluppare mutazioni genetiche che favoriscono la comparsa di cancro, e proprio la glicidammide sembra esserne la causa più probabile.
L’acrilammide è anche una sostanza neurotossica, come hanno messo in luce alcune ricerche sui disturbi neurologici.
Le quantità di acrilammide alimentare che si dovrebbe consumare perchè il rischio diventi preoccupante sono incompatibili con un’alimentazione equilibrata e varia.
Tuttavia è consigliabile evitare di esporsi inutilmente all’acrilammide alimentare, dato che non esiste una soglia al di sotto della quale si può stare completamente tranquilli.
Queste sono le conclusioni del rapporto dell’EFSA.
Se eliminare del tutto l’acrilammide dalla nostra tavola è praticamente impossibile, è possibile ridurre la formazione di questa sostanza con qualche accorgimento: evitare i cibi bruciati, preferendo quelli leggermente dorati, variare le modalità di cottura preferendo bollitura, cottura al vapore e temperature basse e prediligere alimenti con basso contenuto di amido.
Alcuni studi hanno dimostrato che i succedani del caffè a base di cicoria contengono in media più acrilammide (3 mg/Kg) di quelli a base di cereali (0,5 mg/Kg), oppure che le patate coltivate in terreni con poco zolfo accumulano meno asparagina e di conseguenza formano meno acrilammide con la cottura.
Altro suggerimento utilissimo è quello di mettere in ammollo le patate prima della cottura perchè questa procedura può ridurre anche del 40% la formazione di acrilammide mentre prolungare di soli due minuti la tostatura del pane può aumentare il contenuto di acrilammide da 31 a 118 mg/Kg.
Dobbiamo però sottolineare che il fumo, l’obesità e l’alcol hanno un impatto di molto superiore rispetto all’acrilammide alimentare sul rischio di sviluppare cancro.
Non fumare, mantenere un peso equilibrato e bere alcolici moderatamente sono ancora fra le cose migliori che si possono fare per prevenire l’insorgenza del cancro.
Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, venerdì 2 settembre 2022, ore 19,05.