Non è il Covid ma va attenzionato. Dilagano i casi legati al vaiolo delle scimmie con 19 Paesi coinvolti nel mondo e anche in Italia. Argomento che viene trattato dalla dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova, docente ed esperta di medicina in generale ISABELLA SALVIA, nella settimanale rubrica “Salute&Benessere”…
Questa settimana vorrei provare a trattare un argomento che sta diventando di attualità in questo mese di maggio: il vaiolo delle scimmie. Infatti, dalla prima segnalazione, arrivata il 7 maggio, i casi continuano ad aumentare. Sarebbero dieci, ad oggi, i casi di vaiolo delle scimmie in Italia. Il numero di quelli confermati in tutto il mondo avrebbe invece superato i 200 infetti, non considerando i Paesi in cui la malattia è endemica come l’Africa, soprattutto il Congo. In Europa sarebbero 19 i Paesi coinvolti. La maggior parte dei pazienti italiani è in buone condizioni di salute, con sintomi e conseguenze che sembrano essere decisamente meno impattanti rispetto a quelli delle zone dove il virus è endemico.
Scoperto nel 1958 analizzando alcuni esemplari di scimmia, “monkeypox”, questo è il nome della malattia in inglese, può colpire anche scoiattoli, ritenuti un importante veicolo della malattia, così come i topi, i ratti e i conigli.
Nel commentare la diffusione del virus l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha confermato una situazione “atipica”, ma riterrebbe possibile “fermare” questa trasmissione della malattia tra gli esseri umani. La malattia provoca inizialmente febbre alta e si evolve rapidamente in un’eruzione cutanea.
Il vaiolo delle scimmie è “parente” del vaiolo debellato da circa quarant’anni, è endemica in 11 Paesi dell’Africa occidentale e dell’Africa centrale.
Il vaccino antivaioloso – spiega l’Istituto Superiore di Sanità – è efficace all’85% nel prevenire la manifestazione nell’uomo.
Al momento, ha precisato l’OMS, i casi sarebbero stati identificati principalmente, ma non esclusivamente, tra uomini che hanno rapporti sessuali con uomini.
L’ultimo aggiornamento dell’agenzia sanitaria del Regno Unito segnala come sintomi iniziali febbre, mal di testa, dolori muscolari e alla schiena, linfonodi gonfi, brividi e spossatezza. Caratteristici del contagio sono le irritazioni e le pustole cutanee, che fanno la comparsa da uno a tre giorni dopo la febbre. La malattia, che dura da due a quattro settimane, si trasmette da persona a persona tramite droplet salivari, fluidi corporei e il contatto con le lesioni infette.
Fino a questo momento la maggior parte dei casi ha avuto sintomi lievi con un decorso benigno. Tuttavia, il vaiolo delle scimmie può causare una malattia più grave in alcuni gruppi di popolazione particolarmente fragili quali bambini, donne in gravidanza e persone immunosoppresse.
Ad oggi, diversi esperti sono divisi sulla necessità o meno di imporre una quarantena di 21 giorni non solo per i contagiati dal vaiolo delle scimmie, ma anche per i contatti stretti.
Sul punto, il prof. Matteo Bassetti, noto direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico “San Martino” di Genova, proprio oggi ha detto che la quarantena “non è uno strumento da Medioevo, ma è quello che abbiamo sempre fatto noi infettivologi ed esperti di sanità pubblica: se c’è un’infezione ci si deve isolare e i contatti stretti devono fare una quarantena. Questo si fa per ogni malattie infettiva trasmissibile attraverso il contatto. E credo che sia giusto farlo anche con il vaiolo delle scimmie. Sarà anche stata introdotta nel Medioevo, ma la quarantena è oggi ancora utile. Se Austria, Belgio, Germania e Regno Unito l’hanno fatto, credo che abbiano seguito le indicazioni visto che è una infezione che ha un tempo di incubazione di 21 giorni. In Italia dobbiamo isolare i casi e i contatti molto stretti, le persone che hanno dormito nello stesso letto dovrebbero, per 2-3 settimane, rimanere confinate in un ambiente domiciliare. Questo se si vuole limitare la diffusione del virus”.
Oggi, invito i miei lettori alla massima prudenza e, in caso di dubbio, come ripeto ai miei lettori da tempo, rivolgiamoci al nostro medico di fiducia, evitando autodiagnosi sul internet.
Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, venerdì 27 maggio 2022, ore 19,30.