Capo d’Orlando: Non andavano confiscati i beni della famiglia Cannizzo. Le motivazioni della Cassazione sull’annullamento con rinvio

Lo scorso 22 marzo avevamo pubblicato la notizia che non andavano confiscati i beni della famiglia CANNIZZO, di Capo d’Orlando, oggetto di un procedimento giudiziario per le vicende del capo famiglia, scomparso nel 2018. Lo ha deciso la Cassazione che, nell’interesse di MARIA ANTONIA CALIO’ e delle tre figlie ELISA, PAMELA e ROBERTA, ha accolto il ricorso della difesa sostenuta dagli avvocati MASSIMILIANO FABIO (foto in alto) e TOMMASO AUTRU RYOLO. La Suprema Corte ha annullato la confisca con rinvio alla Corte d’Appello di Messina che dovrà ridiscutere il caso. Adesso, oltre a riproporre la notizia, PUBBLICHIAMO IN ANTEPRIMA LE MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE DEPOSITATE IN CANCELLERIA SUL PROVVEDIMENTO…

LA NOTIZIA DEL 22 MARZO 2022

GIUSEPPE LAZZARO

La V Sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dagli avvocati Massimiliano Fabio e Tommaso Autru Ryolo ed ha annullato con rinvio alla Corte d’Appello di Messina che dovrà riesaminare l’impugnazione avanzata da Maria Antonia Caliò e dalle figlie Elisa, Pamela e Roberta Cannizzo, di Capo d’Orlando. La vicenda trae origine dalla confisca, ordinata dalla Corte d’Appello di Messina nel 2009, di due unità immobiliari e di alcune autovetture nella disponibilità dei familiari di Francesco Cannizzo, rispettivamente marito e padre delle suddette, deceduto nel 2018, avvenuta dopo la definitività della sua condanna per fatti di criminalità organizzata ed a causa della ritenuta sproporzione tra i redditi percepiti dalla famiglia ed il valore dei beni posseduti. Le ricorrenti hanno eccepito la piena legittimità delle fonti di reddito percepite dal nucleo familiare negli anni oggetto di indagine ed il mancato accertamento di tutti gli effettivi redditi del Cannizzo e dei suoi familiari. La difesa ha inoltre contestato e provato il mancato accertamento di entrate straordinarie lecite avvenute nei predetti anni e la diversa valutazione delle proprietà immobiliari oggetto di confisca. La decisione della Corte d’Appello riformata dalla Cassazione, peraltro, era stata resa in contrasto con altra pronuncia del febbraio 2008 della Sezione Misure di Prevenzione Tribunale del Messina, che aveva invece ritenuto la parziale liceità dei beni, sulla scorta di una più attenta valutazione delle circostanze e della documentazione acquisita. I difensori Massimiliano Fabio e Tommaso Autru Ryolo hanno provato l’estraneità dei familiari del Cannizzo rispetto ai reati accertati ed hanno altresì dimostrato la violazione del principio di ragionevolezza, che impone di superare quel meccanismo di presunzione posto alla base della confisca dei beni in presenza di elementi e circostanze volte a dimostrare l’origine lecita degli stessi. La Corte d’Appello di Messina dovrà quindi pronunciarsi nuovamente e rivalutare i fatti impugnati secondo quanto ordinato dalla Cassazione, nella speranza che questa annosa vicenda che vede coinvolto un intero nucleo familiare da diversi anni possa concludersi definitivamente.

LE MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE

Penale Sentenza Sezione 5 Numero 17838 Anno 2022

Presidente: PALLA STEFANO

Relatore: BRANCACCIO MATILDE

Data Udienza: 15/03/2022

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

CANNIZZO ELISA nato a SANT’AGATA DI MILITELLO il 09/11/1982

CALIÒ MARIA ANTONIA nato a NASO il 28/01/1964

CANNIZZO PAMELA nato a SANT’AGATA DI MILITELLO il 10/03/1985

CANNIZZO ROBERTA nata a SANT’AGATA DI MILITELLO il 12/04/1988

TUTTE RESIDENTI IN CAPO D’ORLANDO

avverso l’ordinanza del 15/01/2020 della CORTE APPELLO di MESSINA udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO;

lette le conclusioni del PG Luca Tampieri che ha chiesto il rigetto del ricorso

  1. Con l’ordinanza impugnata la Corte d’Appello di Messina, decidendo in sede di esecuzione, quale giudice del rinvio, a seguito di annullamento, disposto dalla Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione (sentenza del 31.1.2018), dell’ordinanza di inammissibilità del 2.5.2016, pronunciata dalla medesima Corte d’Appello sull’incidente di esecuzione proposto – come opposizione ex art. 667, comma quarto, Codice Procedura penale.

– all’ordinanza di rigetto del 1.7.2013, da Francesco, Elisa, Pamela e Roberta Cannizzo, nonché da Maria Antonia Caliò, per la revoca della confisca disposta con sentenza della stessa Corte messinese del 6.2.2009 (divenuta definitiva in data 11.2.2010), ha rigettato l’istanza.

Secondo la ricostruzione della Prima Sezione Penale, il provvedimento di confisca in questione risulta emesso in sede penale, ai sensi dell’art. 12-sexies della legge n. 356/1992 e successiva modifica (cosiddetta confisca estesa) ed in danno di Francesco Cannizzo (condannato in via definitiva in riferimento al reato di cui all’art. 74 D.P.R. n.309/90); la decisione, emessa in cognizione e contenente la statuizione di confisca, risulta  irrevocabile dalla data del 1.7.2010 (data del rigetto del ricorso proposto da Cannizzo Francesco avverso la decisione emessa a seguito di un precedente annullamento con rinvio).

La Prima Sezione Penale sottolinea come l’istanza originaria fosse incentrata su di una revoca parziale della confisca, poiché ad essere oggetto della domanda di restituzione è una quota di un immobile sito in Capo d’Orlando.

  1. Tanto premesso, l’ordinanza impugnata ha qualificato la posizione di Maria Antonia Caliò ed Elisa Cannizzo come quella di “parti” del giudizio di cognizione che ha portato alla confisca irrevocabile dei beni, poiché coimputate con Francesco Cannizzo (legalmente interdetto e, poi, deceduto il 2.11.2018) dei reati di traffico di sostanze stupefacenti, distinguendo, rispetto all’opposizione ex art. 667, comma quarto, Codice procedura penale, la loro posizione da quella di chi sia soltanto “terzo” inciso dalla confisca, avendola subita senza partecipare al giudizio penale, come è per Pamela e Roberta Cannizzo.

Per le prime due ricorrenti, l’ordinanza impugnata ritiene si sia formato giudicato penale, in forza della citata sentenza della Corte d’Appello di Messina del 6.2.2009, divenuta definitiva il giorno 11.2.2010 (e, per Francesco Cannizzo, giudicato separatamente, in seguito alla sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria divenuta definitiva in data 1.7.2010): la decisione che si assume “in contrasto” con il giudicato, assunta in sede di procedimento di prevenzione, ha affermato la confiscabilità soltanto del 45% della villa di Capo d’Orlando, motivandola su ragioni di coerenza cronologica tra il giudizio di  pericolosità sociale di Francesco Cannizzo e l’acquisto del bene (rectius i lavori di ampliamento della villa), sicchè rimarrebbe ferma la valutazione, del tutto diversa, relativa all’esistenza di una sproporzione tra il reddito dichiarato ed il valore dei beni da confiscare, non essendo necessario un rapporto di pertinenzialità del bene rispetto al reato per cui si era proceduto (associazione finalizzata al traffico di stupefacenti) o un collegamento cronologico con esso.

Per i terzi interessati che non hanno partecipato al giudizio penale — Pamela e Roberta Cannizzo, in particolare, ma la Corte d’Appello richiama anche la posizione eventualmente di Elisa Cannizzo, assolta nel giudizio penale sfociato nel giudicato di confisca — l’ordinanza impugnata rileva la genericità dell’opposizione, da un lato, poiché fa riferimento a beni diversi dalla villa di Capo d’Orlando, non essendo specifiche le ragioni che tentano di argomentare, per le figlie di Francesco Cannizzo, il possesso di autonome risorse finanziarie, sufficienti all’acquisto di tali beni (un’auto intestata a Pamela Cannizzo; altra autovettura intestata ad Elisa Cannizzo, un fabbricato abusivo in contrada Rupila di Naso). Sotto diverso aspetto, il provvedimento impugnato evidenzia come le figlie di Francesco Cannizzo non abbiano titolo a rivendicare la proprietà della  villa di Capo d’Orlando e, quindi, la revoca della sua confisca, neppure dopo la morte del padre, avvenuta nelle more del giudizio, trattandosi di bene che da sempre è stato intestato soltanto al padre e sulla cui ablazione vi è giudicato penale.

  1. Avverso l’ordinanza in epigrafe, datata 15.1.2020, propongono ricorso Elisa Cannizzo (inizialmente anche nella qualità di tutore del padre Francesco Cannizzo, deceduto il 2.11.2018), Pamela e Roberta Cannizzo, Maria Antonia Caliò, tramite il difensore di fiducia (avvocato Massimiliano Fabio ndr), con un unico atto di impugnazione, deducendo tre diversi motivi, tutti unificati dal presupposto dell’elusione del vincolo di rinvio quanto alla necessità di un effettivo confronto nel merito tra il giudicato del processo di cognizione e quello del procedimento di prevenzione.

3.1. Il primo argomento di censura eccepisce l’erroneità della motivazione del provvedimento impugnato, là dove quest’ultimo fonda il rigetto sulla diversa natura tra i due provvedimenti di confisca “divergenti” a confronto (l’uno, quello di prevenzione, limitato al 45% del bene immobile costituito dalla villa a Capo d’Orlando; l’altro, quello di cognizione penale, ablativo dell’intera proprietà del cespite): il dato di fatto accertato in favore delle ricorrenti, invero, è ineludibile ed è costituito dalla circostanza della legittimità della provenienza del patrimonio di acquisto del bene, quanto meno per la quota del 55%, secondo le indicazioni del provvedimento di prevenzione divenuto definitivo del Tribunale di Messina, datato 18.2.2008.

Le indicazioni del provvedimento di annullamento, relative alla necessità di un effettivo confronto tra giudicati, sono state eluse dalla Corte messinese, che ha anche ignorato la  giurisprudenza di legittimità su limiti e condizioni della confiscabilità anche ex art. 12-sexies, cit. (si cita Sez. 1, n. 41100 del 2014).

Il secondo motivo difensivo si incentra sulla medesima ragione censoria, vista nella lente dell’omessa motivazione quanto all’esistenza di nuove prove (puntualmente depositate dalla difesa nel procedimento in esame: si tratta di perizie tecniche e  documentazione allegata che provano la compatibilità tra l’acquisto dell’immobile in Capo d’Orlando e i redditi familiari) ed alla loro omessa valutazione, anche in questo caso con  elusione del vincolo di rinvio.

3.3. La terza ragione eccepita denuncia contraddittorietà della motivazione là dove i giudici messinesi hanno ritenuto, da un lato, la sussistenza della legittimazione di Pamela, Roberta ed Elisa Cannizzo quali terze intestatarie fittizie dei beni di Francesco Cannizzo, compreso l’immobile di Capo d’Orlando e, successivamente, hanno rigettato le loro istanze appellandosi alla loro mera qualità di intestatarie fittizie, senza valutare le  prove nuove addotte.

  1. Il Procuratore Generale Luca Tampieri ha chiesto il rigetto del ricorso con requisitoria scritta.
  2. Le ricorrenti hanno depositato memoria difensiva in cui chiedono di valutare le proprie censure anche alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 27421 del 25/2/2021, Crostella, Rv. 281561.

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il ricorso è fondato quanto ai primi due motivi di censura, assorbenti, per le ragioni che si esporranno di seguito.
  2. La Prima Sezione Penale ha annullato con rinvio la precedente ordinanza della Corte territoriale, emessa il 2.5.2016, ritenendo, anzitutto, erronea la qualificazione del ricorso delle parti ex art. 629 Codice penale come “revisione” piuttosto che come opposizione ex art. 667, comma quarto, Codice proc. pen., segnalando specificamente che la revisione, mezzo di impugnazione straordinaria disciplinato agli artt. 629 e ss. cod. proc. pen., presuppone una domanda proposta dal condannato (e non dal terzo) e non è esperibile al solo fine di provocare la rimozione di una misura di sicurezza patrimoniale, quale è la confisca.

La sentenza di annullamento ha, altresì, chiarito che, nel caso in cui la confisca penale abbia comportato la perdita del diritto reale di un terzo (intestatario formale) non si vede in ambito di revisione quanto in quello di incidente di esecuzione correlato alla particolare posizione giuridica del terzo, che può chiedere la revoca del provvedimento di confisca, trattandosi di soggetto «inciso» nel diritto di proprietà che non ha avuto modo di partecipare al giudizio penale che ha dato luogo alla confisca estesa (aspetto ora risolto dall’intervento legislativo realizzato con legge n. 161 del 2017, con modifica della disciplina processuale della confisca estesa, v. art. 31. 1.161/2017, tesa a  determinare l’assunzione della qualità di parte anche per il terzo inciso in diritto reale).

La Prima Sezione ha posto in risalto che, in ipotesi come quella annullata, la condizione del terzo è quella di un soggetto che subisce l’effetto espropriativo in virtù di una valutazione di «riferibilità» dei beni immobili in capo all’imputato (e di ricorrenza dei presupposti concorrenti), valutazione espressa in un giudizio penale tenutosi in contraddittorio con il solo imputato, il che esclude l’esistenza di preclusioni valutative – in sede esecutiva – rispetto alla domanda di revoca (e non di revisione) introdotta dal terzo (preclusioni che non potrebbero derivare dalla disciplina tipica della revisione, non applicabile).

Considerando che, in sede di revoca, la condizione sostanziale del contrasto tra giudicati, nei limiti di applicabilità, è stata espressamente presa in esame dal legislatore con l’ipotesi di revocazione della confisca emessa in prevenzione, di cui all’art. 28 comma 1 lett. b), d.lgs. n.159/2011, e che essa deve ritenersi apprezzabile anche lì dove ad essere favorevole alla posizione del terzo sia un provvedimento giurisdizionale emesso in sede di prevenzione, rispetto ad una decisione emessa in sede penale, come nel caso qui in esame, la sentenza rescindente ha affermato che: “In sede di rinvio…, il giudice della opposizione è tenuto a realizzare una valutazione concreta delle doglianze di merito e, ferma restando la tendenziale autonomia dei giudizi (penale e di prevenzione), non può evitare di confrontarsi con i contenuti più favorevoli del provvedimento emesso in sede di prevenzione patrimoniale (che, nel caso in esame, ha comportato la assenza di vincolo su una quota pari al 55% dell’immobile di proprietà delle ricorrenti)”.

  1. Il provvedimento impugnato ha eluso il vincolo di rinvio appena richiamato, così come disegnato dalla sentenza rescindente, e sotto tale profilo trovano accoglimento i primi due motivi di ricorso proposti dalle ricorrenti, assorbenti rispetto ad ogni altra questione.

Invero, la Corte d’Appello di Messina, comparando gli approdi dei due provvedimenti di confisca dell’immobile riferibile al proposto/condannato Francesco Cannizzo – l’uno totale, l’altro parziale – supera l’obiezione della difesa, che lamentava la loro  inconciliabilità, riferendosi al dato formale costituito dalla diversa natura e funzione delle confische scaturite dal procedimento di prevenzione e di quelle derivate dal procedimento di competenza del giudice ordinario; con presupposti diversi che consentirebbero, pertanto, conclusioni differenti.

Tale argomentazione è solo apparente e costituisce, nella sostanza, un’elusione delle indicazioni ex art. 627 Codice proc. pen. provenienti dal provvedimento di annullamento, con le quali si è espressamente obbligato il giudice del rinvio ad un confronto effettivo e concreto tra i presupposti e le conclusioni delle due confische, benchè di natura diverse, disposte, invero, in misura macroscopicamente differente nei due procedimenti penali parallelamente avviati nei confronti di Francesco Cannizzo.

In particolare, ciò che andava e va appurato è il carattere legittimo o meno della provenienza del patrimonio del titolare effettivo del bene confiscato, tenuto conto della necessaria verifica sull’esistenza di una sproporzione, anche contestualizzata diacronicamente, tra i redditi percepiti dal nucleo familiare dei Cannizzo e le risorse impiegate per l’acquisto e la ristrutturazione dell’immobile sito in Capo D’Orlando (e del piccolo fabbricato di contrada Rupila a Naso).

A tale verifica deve farsi luogo con un’accurata analisi degli elementi concreti prodotti anche dalla difesa delle ricorrenti nel corso dell’incidente di esecuzione, senza utilizzare l’argomento formale pregiudiziale della diversa natura delle confische in confronto, al fine di superare l’onere di valutazione specifica dei dati di fatto presenti nel procedimento per la confisca “allargata” (anche con riguardo ai risultati delle consulenze tecniche depositate dai ricorrenti), né omettendo tale obbligo motivazionale appellandosi ad una apodittica mancanza dei caratteri di novità e decisività delle produzioni difensive.

Peraltro, non può non sottolinearsi come le Sezioni Unite, di recente, siano intervenute ad evidenziare la necessità che il giudice dell’esecuzione, per poter disporre la confisca ex art. 240-bis Codice penale in ordine ai beni che siano entrati nella disponibilità del condannato, debba tener conto del criterio di “ragionevolezza temporale”, fino alla pronuncia della sentenza per il cd. “reato spia”, salva comunque la possibilità di confisca anche di beni acquistati in epoca posteriore alla sentenza ma con risorse finanziarie possedute prima (Sez. U, n. 27421 del 25/2/2021, Crostella, Rv. 281561).

Anche a tale principio deve, dunque, ispirarsi la verifica concreta alla quale è tenuto il giudice dell’esecuzione.

3.1. L’accoglimento delle prime due ragioni di ricorso, per i motivi già sintetizzati, assorbe la terza censura che, pure, presenta aspetti meritevoli di essere verificati in sede di rinvio, tenuto conto della qualità di eredi del proposto/condannato, morto nel corso del procedimento, come risulta dal provvedimento impugnato, e del fatto che tale provvedimento si occupa di analizzare anche beni diversi da quello al centro dell’annullamento, su cui soltanto si incentra, tuttavia, il vincolo di rinvio.

  1. Q. M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’Appello di Messina.

Così deciso il 15.3.2022.

Corte di Cassazione

Edited by, venerdì 6 maggio 2022, ore 10,01. 

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