Si è concluso al Tribunale di Messina con 3 condanne e 52 assoluzioni il maxi-processo sulla terza tranche dell’operazione “TEKNO”, scattata il 12 aprile 2017, condotta dalla Dia di Catania e di Messina sugli incentivi progettuali ritenuti dall’accusa gonfiati al Cas tra il 2012 e il 2013. Tra gli assolti anche l’ingegnere ANNA SIDOTI, ex sindaco di Montagnareale e CARMELO INDAIMO, di Ficarra, oltre ad altri imputati residenti nella zona tirrenica e nei Nebrodi. Dettagli e tutti i nomi…
Si è concluso in primo grado con 3 condanne e 52 assoluzioni il maxi-processo sulla terza tranche dell’operazione “Tekno”, condotta dalla Dia di Catania e di Messina sugli incentivi progettuali ritenuti dall’accusa gonfiati al Cas tra il 2012 e il 2013, che nell’aprile del 2017 provocò un vero terremoto giudiziario al Consorzio autostrade siciliano, con la sospensione dalle funzioni di sei dirigenti. La sentenza è stata emessa dal collegio della Prima sezione penale del Tribunale di Messina (presidente Letteria Silipigni, componenti Concetta Maccarrone e Giovanni Albanese).
LE CONDANNE
Sono stati condannati i funzionari Gaspare Sceusa a 6 anni e 5 giorni di reclusione; Letterio Frisone a 4 anni, 4 mesi e 5 giorni; Carmelo Cigno a 5 anni e 25 giorni di reclusione.
I tre (oltre al pagamento delle spese processuali) sono stati anche interdetti in perpetuo dai pubblici uffici. Sono stati inoltre condannati all’estinzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione di appartenenza e alla confisca della somma di denaro corrispondenti al profitto dei reati per i quali è intervenuta la condanna o di beni di cui hanno la disponibilità per un valore corrispondente a quello del profitto. Il tribunale condannato Sceusa, Frisone e Cigno al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile. Per i tre imputati non si è proceduto in relazione al reato di cui al Capo C perchè estinto per sopravvenuta prescrizione. I tre condannati hanno incassato anche qualche assoluzione parziale per alcuni capi d’imputazione (e il relativo dissequestro delle somme di denaro e dei beni limitatamente ai reati per i quali è stata pronunciata sentenza di assoluzione).
ASSOLTI
Assoluzioni (e il dissequestro delle somme di denaro e dei beni) a vario titolo invece per tutti gli altri 52 imputati con le formule “perché il fatto non costituisce reato” o “perché il fatto non sussiste”:
Indaimo Carmelo, Lanteri Antonio, Liddino Antonio, Magnisi Stefano, Magro Corrado, Puccia Angelo, Sceusa Gaspare, Schepisi Alfonso Edoardo, Sidoti Anna (ex sindaco di Montagnareale, era stata accusata per la sua professione di ingegnere e non come amministratore), Spitaleri Antonino Francesco, Arnao Giovanni, Arrigo Baldassare, Bernava Agostino, Bongiorno Francesca, Branca Amedeo, Campanino Orazia, Cannatella Antonino, Carbone Anna Maria, Cicero Lucia, Ciraolo Baldassarre, Crisafulli Costantino, Currò Paolo, D’Amico Santo, D’Arrigo Antonino, Finocchiaro Amedeo, Giaimo Giovanni, Giardina Francesco, Giordano Giacomo, Irrera Vincenzo, La Corte Antonino, Lania Giovanni Nicola, Lanzafame Giuseppe, Lo Nostro Maria, Lo Turco Mario, Maddocco Ernesto, Mamazza Antonino, Martorana Serafina, Mifa Clorinda, Offerente Alberto, Perone Domenico, Pintaudi Carmelo, Potenzone Giuseppe, Rotondo Giuseppe, Scorza Filadelfio, Sottile Angelo, Urso Pietro Antonino, Uscenti Giovanni, Vinci Barbara, Zampogna Walter, Zumbino Salvatore Paolo, Rinauro Paolo, Calderone Mariano Giuseppe.
Scagionato anche l’ex commissario straordinario del Cas, l’avvocato messinese e già deputato regionale Nino Gazzara, che in passato è stato anche vice presidente, che era stato accusato di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale”.
GLI AVVOCATI
Hanno difeso, tra gli altri, gli avvocati Carmelo Scillia, Nino Cacia, Gabriele Lombardo, Gianluca Gullotta, Giuseppe Pustorino, Salvatore Papa, Yuri Aliotta, Isabella Barone, Giovanni Mannuccia, Nino Favazzo, Bonaventura Candido, Giovanni Calamoneri, Carmelo Vinci, Antonio Bongiorno.
LE RICHIESTE DELL’ACCUSA
I pm Annamaria Arena e Stefania La Rosa, al termine della requisitoria, il 9 dicembre scorso, avevano chiesto per l’accusa 55 condanne per tutti gli imputati, con pene comprese fra 5 anni e 3 anni e 4 mesi di reclusione, per dirigenti, funzionari e dipendenti, accusati di peculato e falso anche se, per quest’ultimo capo di imputazione, rispondevano solo alcuni dirigenti, i dipendenti erano stati tutti prosciolti dal Gup nell’udienza preliminare.
L’OPERAZIONE
La “Tekno” (si tratta di una terza tranche) scattò il 12 aprile 2017 e riguardava sul piano delle misure cautelari siglate allora dal Gip di Messina Tiziana Leanza ed eseguite dalla Dia, solo dodici dei 57 indagati complessivi, tra dirigenti e dipendenti, con il contestuale decreto di sequestro per equivalente di somme che si aggiravano su 1,3 milioni di euro. Vennero contestati a vario titolo, allora, solo il peculato e il falso.
Sei degli indagati subirono la cosiddetta misura interdittiva e vennero sospesi dall’esercizio di pubblico ufficio o servizio, per la durata di sei mesi. Si trattava di Antonio Lanteri, di Messina; Stefano Magnisi, di Furnari; Angelo Puccia, di Castelbuono; Gaspare Sceusa, di Barcellona Pozzo di Gotto; Alfonso Schepisi, di San Piero Patti; Anna Sidoti, di Montagnareale.
Con lo stesso provvedimento il Gip Leanza aveva disposto – per una somma complessiva pari a circa 1,3 milioni di euro – il sequestro preventivo per equivalente del saldo di rapporti bancari o, in caso di incapienza, di beni immobili e mobili, a carico di 12 persone: Carmelo Cigno, di Palermo (oltre 111mila euro); Letterio Frisone, di Messina (oltre 47mila euro); Carmelo Indaimo, di Ficarra (oltre 67mila euro); Antonio Lanteri, di Messina (oltre 60mila euro); Stefano Magnisi, di Messina (oltre 34mila euro); Angelo Puccia, di Castelbuono (oltre 42mila euro); Gaspare Sceusa, di Barcellona Pozzo di Gotto (186mila euro); Alfonso Schepisi, di San Piero Patti (143mila euro); Anna Sidoti, di Montagnareale (quasi 70mila euro); Antonino Francesco Spitaleri, di Roccella Valdemone (quasi 47mila euro); Antonino Liddino, di Messina (oltre 38mila euro); Corrado Magro, di Avola (oltre 147mila euro). Le somme “bloccate” dagli investigatori della Dia di Messina e Catania erano in pratica quelle che tutti avrebbero indebitamente percepito tra il 2012 e il 2013, per gli incentivi, come dipendenti del Cas.
Giuseppe Lazzaro
Edited by, venerdì 14 gennaio 2022, ore 9,30.