Pronto a scontare la condanna, definitiva, a 6 anni e 8 mesi ma resta libero invece di finire in carcere in attesa del verdetto della Corte d’Appello di Reggio Calabria presso cui uno dei reati contestati è stato rinviato dalla Cassazione e fuori dalla condanna suddetta (confermata per altri reati). Questa la paradossale vicenda di FRANCANTONIO GENOVESE (foto in alto), ex deputato nazionale del Pd poi passato a Forza Italia, principale imputato dell’operazione “Corsi d’oro 2”…
Era pronto a scontare la pena ma si è visto rispondere “ancora è presto”. E’ la paradossale storia di Francantonio Genovese, “ras” di preferenze a Messina, ex segretario regionale del Pd ed ex deputato, condannato a 6 anni e 8 mesi per lo scandalo dei fondi Ue per la formazione professionale. Nei giorni scorsi la Cassazione ha reso definitiva la sua condanna per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, associazione a delinquere, frode fiscale e tentata concussione, rinviando alla Corte d’Appello di Reggio Calabria perché riprocessi l’ex parlamentare solo per l’accusa di riciclaggio da cui era stato assolto in secondo grado. La Suprema Corte ha accolto il ricorso della Procura generale di Messina e ha, dunque, ripassato la palla ai colleghi reggini ma la condanna a 6 anni e 8 mesi è passata in giudicato, quindi, teoricamente, Genovese dovrebbe essere in carcere per scontarla.
Secondo la Procura generale di Reggio Calabria, che dovrebbe occuparsi dell’esecuzione della pena, però è ancora presto. Rifacendosi a una sentenza della Cassazione che parla di inscindibilità del giudicato l’ex deputato, per scontare la pena, dovrebbe attendere la definizione del secondo processo che dovrà celebrarsi prima in appello, poi certamente davanti ai giudici romani. Quindi per qualche anno almeno, nonostante la parte della condanna sia ormai stata suggellata dalla conferma dei magistrati romani, l’ex deputato resterà libero.
Tra gli imputati del processo c’erano anche il cognato di Genovese, l’ex deputato regionale di Forza Italia Franco Rinaldi e le rispettive mogli dei due politici, le sorelle Schirò, Chiara ed Elena. Per Rinaldi è caduta l’accusa di associazione a delinquere ed è confermata la condanna a 2 anni e 6 mesi. Nel 2014 Genovese venne arrestato. I magistrati scoprirono una vasta rete di società tra loro collegate e riconducibili al deputato, recordman di preferenze, e al suo entourage create, secondo l’accusa, per drenare fondi europei. L’accusa parlò di “una rete estesa e preoccupante di complicità in palese conflitto di interessi” che aveva sottratto “importanti risorse a un settore vitale come la formazione professionale”. L’indagine fece emergere l’esistenza di un sistema grazie al quale venivano gonfiati i prezzi delle prestazioni di servizio o degli acquisti di beni necessari per l’attività degli enti di formazione. In particolare gli inquirenti accertarono prestazioni totalmente simulate e sovrafatturazione delle spese di gestione. Grazie a questi artifici, i rappresentanti legali dei centri di formazione, attraverso la compiacenza dei titolari di alcune società, riuscivano a documentare spese a prezzi notevolmente superiori a quelli di mercato. I centri in questione, che hanno come scopo l’organizzazione – senza fini di lucro – di corsi formativi, avrebbero così ottenuto finanziamenti per importi di gran lunga superiori ai costi effettivamente sostenuti. In cinque anni, secondo i conti fatti dal consulente dei pm, gli enti incriminati avrebbero ricevuto circa 50 milioni di euro, gonfiando del 600% fatture per affitti o prestazioni di servizi.
Giuseppe Lazzaro
Edited by, martedì 19 ottobre 2021, ore 14,24.