Si può mangiare la crosta del formaggio? Questo l’interrogativo che diventa il servizio della puntata n. 59 della rubrica “Salute&Benessere” a cura della dottoressa ISABELLA SALVIA, nutrizionista con studio in Torrenova…
La crosta è la tipica caratteristica dei formaggi a pasta dura. Il formaggio indurisce se anche la crosta reagisce allo stesso modo, ovvero la stagionatura determina un’essicazione tale da rendere a volte extradura la superficie esterna del formaggio. Il consumatore la utilizza spesso grattugiandola, cuocendola in minestre oppure semplicemente addentandola. Una spazzolata, una raschiata e via in bocca, la crosta aiuta a rafforzare le mandibole. Ma è sempre mangiabile, la crosta? E’ una domanda che richiede una risposta chiara… no, non si può sempre mangiare.
Iniziamo col ricordarci che, durante la stagionatura, non sempre i locali o le tavole di legno su cui si appoggiano le forme sono idonee a preservare la crosta e renderla edibile e non sempre i formaggi vengono spazzolati o lavati continuamente. Ciò non vuol dire che il formaggio è “sporco” anzi in alcuni casi le formazioni di muffe e la presenza di acari cedono al formaggio caratteristiche di eccellenza. Come può sapere, il consumatore, se della fetta di formaggio acquistata ne può consumare la crosta? Con l’informazione, con la conoscenza del formaggio che si acquista. Chiedendo al banconiere che lo vende, leggendo l’etichetta del formaggio dove il produttore può scrivere “crosta edibile o non edibile” o leggendo i disciplinari di produzione, nei formaggi a marchio.
Il mio invito è di andarci cauti. La maggior parte delle croste si forma da sola o, meglio, quasi: ha bisogno di qualche aiuto. È il risultato dell’esposizione all’aria e incomincia a formarsi già nelle prime fasi di salatura – a secco con sale grosso oppure in salamoia –, per poi procedere con il processo di invecchiamento in celle frigorifere apposta o, nel caso dei più tradizionali, in cave e cantine. Non siamo solo noi a favorire la stagionatura, ma anche i microrganismi, i lieviti e gli acari presenti nel latte e nell’ambiente.
Ma, in via generale, la crosta di quale formaggio si può sempre mangiare? Alcune sono facili da riconoscere e scartare perché si tratta di rivestimenti costituiti da cere (come per il Gouda, l’Edamer, alcune caciotte e pecorini semistagionati), da tessuto (come in una varietà di Cheddar) o da altri materiali non commestibili (come nei pecorini e nella toma affinati nella paglia o nel formaggio sardo con l’argilla). Più difficile è invece capire come comportarsi con tutte le altre croste. Per esempio sono da evitare le croste di formaggio trattate con l’E235 (natamicina), un conservante con funzione antifungina impiegato in particolare per il trattamento superficiale di formaggi a pasta dura e semidura, come alcuni pecorini. Lo stesso trattamento è effettuato anche sulle superfici di alcuni prodotti di capra freschi o i DOP quali l’Asiago, il Montasio e il Piave. In tutti questi casi leggere l’etichetta può esserci d’aiuto, visto che queste sostanze vanno segnalate. Per quanto riguarda le altre croste, in linea generale sarebbero commestibili, ma alcune sono poco palatabili per via del sapore o della consistenza come nel caso della Fontina e del Caciocavallo Silano. Tuttavia le croste di alcuni celebri formaggi stagionati, come il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, non sono utilizzabili direttamente a causa della loro consistenza ma possono essere consumate cotte. Basta lavarle con cura ed eliminare lo strato esterno con una grattugia o un coltello, fino a far scomparire le scritte, per utilizzare la parte rimanente come gustoso ingrediente di zuppe e minestre. Se un po’ di lavoro e la cottura rendono alcune croste sicure, lo stesso non si può dire per altre che, seppur commestibili, sono igienicamente discutibili, come i formaggi a crosta fiorita in cui la superficie esterna si forma in seguito all’innesto di muffe selezionate (procasearie, cioè muffe utili), che sono importanti per lo sviluppo delle caratteristiche del formaggio. Invece nei formaggi a crosta lavata, come il Taleggio, le forme sono lavate e spazzolate più volte per eliminare le muffe anticasearie.
Bisognerebbe poi prestare più attenzione alla conservazione a casa di questi tipi di formaggio che proprio in mano al consumatore finale potrebbero aumentare la carica batterica della crosta fino a diventare un serio pericolo. Infatti secondo l’ultimo report dell’EFSA sull’argomento, un terzo dei casi di listeriosi è imputabile a scorrette prassi di conservazione domestica. In caso di dubbi, sempre chiedere a un esperto, come un biologo nutrizionista, che potrà consigliarvi sempre al meglio, nell’interesse della vostra salute.
Eventuali quesiti o temi d’interesse mi potranno essere segnalati su Facebook alla pagina “Dott.ssa Isabella Salvia – Biologa Nutrizionista” o tramite WhatsApp al 320 6556820.
Isabella Salvia
I contenuti di questo articolo hanno esclusive finalità informative e divulgative, non essendo destinati ad offrire consulenza medica/nutrizionale personale. La dottoressa Isabella Salvia consiglia sempre di rivolgersi ad un professionista qualificato della nutrizione (un biologo nutrizionista, un medico dietologo o un dietista) per ricevere un piano alimentare personalizzato, redatto sulla base di una diagnosi individuale, sia per soggetti sani che per le persone affette da patologie accertate.
Edited by, venerdì 22 giugno 2018, ore 20,04.